RELI JOHN

VIVA LA TRADIZIONE, VIVA LA LAICITA'


Sul Corriere della Sera del 26 ottobre scorso ho letto un bell'articolo di Claudio Magris nel quale egli richiama il concetto corretto di Tradizione ecclesiale (con la T maiuscola) contro l'interpretazione riduttiva e caricaturale dei cosiddetti tradizionalisti.Per sostenere la sua tesi Magris cita il saggista e poeta Rodolfo Quadrelli, secondo il quale la tradizione viene “negata e vilipesa dai tradizionalisti che guardano al passato e solo al passato, come se lo spirito cristiano-cattolico si fosse esaurito dopo i primi secoli di vita della Chiesa e dunque quest'ultima non avesse successivamente più nulla da dire e potesse solo ripetersi. La Tradizione, egli diceva, è la creatività spirituale della Chiesa che non perde mai la sua freschezza sorgiva e la sua vitalità, bensì si accresce di continuo, senza rinnegare nulla del passato, ma aprendosi al presente e al futuro e rispondendo alle sempre nuove esigenze della storia dell'uomo, inserendole e integrandole nella sua unità e nella sua continuità. Il tradizionalista che si ferma al passato nega e offende la Chiesa e la sua cattolicità ovvero universalità, perché la considera di fatto una morta reliquia”.E verso la fine dell'articolo Caudio Magris offre una bella ed efficace descrizione della laicità, che non ha nulla a che fare col laicismo vecchia maniera (ancora molto diffuso)."La laicità non si contrappone alla religione e alla Chiesa, ma è la capacità di distinguere ciò che è oggetto di fede da ciò che è oggetto di dimostrazione razionale, ciò che compete allo Stato e ciò che compete alla Chiesa. Essa si contrappone al clericalismo intollerante come al laicismo intollerante; veri laici sono stati sia credenti e praticanti, quali ad esempio Jemolo, sia non credenti e non praticanti”.Scrive ancora Magris: “Che il cristianesimo e, in Paesi come l'Italia, il cattolicesimo, costituiscano un punto fondamentale di riferimento anche per i non credenti e i non praticanti è ovvio, perché la Scrittura è, insieme alla tragedia greca, il più grande sguardo gettato nell'abisso della vita ed è una linfa e radice essenziale dell'universalità umana e della nostra civiltà in particolare”. Ma nessuno, secondo il critico triestino, “nè i «teocon» né chi la pensa all'opposto, possono pretendere di tirare Dio dalla loro parte”.