... oggi parliamo di

Le Marche...


 "Si dice che è meglio avere un morto in casa che un marchigiano dietro la porta. Quando le Marche facevano parte dello Stato Pontificio molti di noi facevano gli esattori delle tasse; lavoro antipatico, ma qualcuno doveva pur farlo. Siamo spesso burberi, riservati, introversi, poco espansivi: insomma non siamo famosi per la simpatia. Abitiamo in una regione unica, abbiamo tutto: il mare più bello da Gorizia al Gargano, colline meravigliose, montagne incantate, laghi, grotte, spiagge con le palme, i girasoli d'estate e baie da cartolina. Ma evitiamo di farlo sapere in giro, siamo gelosi di casa nostra, passiamo per inospitali perché ci da quasi fastidio se qualcuno viene a trovarci. Cento paesini, mille campanili: ognuno con un dialetto, una tradizione e una rivalità centenaria con quello confinante solamente un passo più in là. Non a caso siamo "LE" Marche. Così divisi tra noi, ma mai così uniti. Siamo abituati da secoli ad andare avanti da soli, non abbiamo mai avuto Santi in Paradiso: Roma, con il suo Potere, con i suoi favori e la sua benevolenza, è ancora così lontana che per arrivarci in auto facciamo prima a passare dall'Abruzzo; noi marchigiani, da circa 2000 anni, usiamo ancora la Salaria o la Flaminia, dove passavano le bighe. Da sempre comunque ci siamo dati da fare, a testa bassa, onestamente, con fatica, con testardaggine ma anche intelligenza e lungimiranza: non abbiamo avuto la grande industria, ci ha snobbato anche lei, allora ci siamo inventati altri modelli che facevano lavorare tutti e che ci hanno invidiato tutti. Modelli che però sono sempre partiti dalla stessa, solida, base: la famiglia. Perché in fondo noi marchigiani siamo una stessa, grande, unica famiglia. Con tanti difetti, ma ancor più pregi. Questo terremoto ha colpito la parte più antica e quindi più debole di questo territorio, in qualche modo siamo tutti in ginocchio con Arquata, Visso e Ussita, sarà durissima rialzarsi. Ma come in ogni famiglia, se uno cade c'è sempre qualcun altro che piano piano lo aiuta; lo faremo come sempre senza tanti lamenti, senza clamore, senza aspettare e pretendere aiuti, senza sms, senza un Bruno Vespa qualsiasi che piange in TV per il suo paese, senza Concerti per l'occasione. Quelli con la camicia bianca e la cravatta rimangano pure a Roma, non si scomodino a venire in elicottero per farsi fotografare vicino alla vecchietta ottantenne con il fazzoletto nero in testa, o il Vigile del Fuoco coperto di polvere che lavora da 12 ore; poi fare il discorsetto davanti a microfoni e telecamere arrivate per l'occasione, snocciolare promesse e ripartire per la Capitale. Non abbiamo tempo per queste cose, non ci servono, non ci piacciono, siamo gente semplice ma non stupida. Noi andiamo avanti, Arquata, Visso, Ussita, e gli altri cento campanili distrutti continueranno ad esistere, in un modo o nell'altro. La parola arrendersi da noi non si usa. Daje Marche!!