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Bilancio Partecipativo e PartecipatoQualche giorno fa , senza non poco travaglio, è stato approvato il bilancio di previsione 2006 da parte del Consiglio Comunale di Caulonia .Un documento di programmazione delle risorse dovrebbe avere come riferimento la fotografia reale di un paese e definire una programmazione della spesa che non sia una semplice copertura di costi di gestione ma individui le carenze e le porti a soluzione con un progetto complessivo di sviluppo . Inoltre a fronte di un eventuale sforzo economico richiesto alla cittadinanza, una sana pianificazione economica dovrebbe avere  l’obiettivo a medio termine di determinare un innalzamento della qualità della vita e dei servizi erogati . Niente di tutto ciò . Infatti dai dati emersi si apprende che con questo bilancio viene approvato un ulteriore aumento delle tasse comunali , in particolare quella sull’acqua potabile , come mera copertura di uscite dovute al costo del servizio . Questo è un classico caso di Bilancio “Partecipato” , cioè partecipato alla gente con delle conclusioni precostituite nell’ambito di una sede comunale . In questo modo non si fa partecipare la gente ad un processo di costruzione del proprio futuro . Il significato di Bilancio “Partecipativo” è proprio questo,e cioè dare la possibilità a priori a tutte le associazioni che operano nel sociale , agli imprenditori economici, ai cittadini , in tutte le realtà variegate territoriali che compongono il nostro paese , di potere esprimere le loro istanze e di partecipare alla stesura di un documento di programmazione economico finanziario . Il cittadino ,se coinvolto, potrà anche comprendere che sia  necessario in questo momento pagare qualche tassa in più ma solo se ha chiara la visione ,per esempio, che con queste maggiori risorse si implementa un processo di razionalizzazione delle risorse idriche , si mette mano ad una attività sistematica di riparazione delle perdite , alla rifunzionalizzazione dei serbatoi in modo da evitare che gli impianti di sollevamento lavorino giorno e notte con spese spropositate di energia elettrica , etc . etc. Non si può presentare un Piano Triennale delle Opere pubbliche come un semplice elenco di sogni e fantasie senza avere fatto delle Assemblee con le comunità del territorio nelle quali possano emergere i bisogni e le vere priorità di infrastrutture pubbliche . Certo un approccio  a prestare attenzione ai processi di Bilancio Partecipativo può assumere un'accezione utilitaristico - efficientista, che coglie di questo processo solo gli 'elementi di comodo' per le amministrazioni, ovvero le sue potenzialità di mero 'strumento di gestione urbana' che può servire a 'costruire consenso' e quindi a ridurre la 'conflittualità sociale' a tutto vantaggio della semplificazione del lavoro di chi amministra. Non è questo il fine di un metodo partecipativo ma anzi il vero obiettivo e quello di garantire degli 'spazi pubblici non statali', dei processi pedagogici che permettono di far crescere la consapevolezza della cittadinanza, di renderle un ruolo attivo e propositivo nell'amministrazione della città e nella creazione di scenari strategici condivisi, e soprattutto di ricostruire un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni. Un'esperienza di 'incontro' fra 'società istituente' e cittadini - almeno leggendola dalla prospettiva della prima - non può che partire dalle responsabilità e dai vincoli tra cui forzatamente deve muoversi chi rappresenta comunque un ambito istituzionale, e non può che essere riformista per natura. Questo non significa che non abbia in sé elementi di radicalità, specie laddove riconosca fiducia e capacità organizzativa e propositiva ai suoi concittadini, e ceda loro reali poteri decisionali e non solo responsabilità prive di contropartita. Credere nelle 'energie da contraddizione', ovvero nelle possibilità costruttive che la critica (anche dura e animosa) alle istituzioni può portare, è in sé rivoluzionario; perché togliere l'utilitarismo dall'oscurità della politica clientelista per trarlo alla luce del dibattito democratico, valorizzando il patrimonio sociale del territorio, non vuol dire necessariamente 'calmierarne la protesta' e 'attirarsi simpatie' ma anche correre audacemente il rischio (non puramente ipotetico) di scatenare una 'rivoluzione detronizzante' contro se stessi. Ma solo così la politica diventa vera mediazione degli interessi della comunità  con le istituzioni ed il senso civico diventa senso di appartenenza al proprio paese, al proprio territorio Francesco Mirarchi