O mezza luna –
mezzo cervello, luminosità –
negro, mascherato da bianco,
le tue buie
amputazioni brulicano e spaventano –
ragnose, infide.
Quale guanto
quale coriacità
ha protetto
me da quell’ombra –
gli indelebili bocci,
giunture delle scapole, le
facce che
si fanno largo all’essere, tirando
via con sé il penzolante
amnio-sangue delle assenze.
Tutta la notte fabbrico
uno spazio alla cosa che mi è data,
un amore
di due occhi umidi e uno strillo.
Un bianco sputo
d’indifferenza!
I frutti oscuri volvono e periscono.
E cristallo s’incrina,
l’immagine
scompare e abortisce come un mercurio in mille gocce.