RAZZISMO DEMOCRATICO

CAMBIARE IMMAGINE DONNA NELLA PUBBLICITA'


Maria RussoIntervista ad Elisa Manna, Censis,sui risultati della ricerca sull’immagine della donna nella tvLa Conferenza europea Women and media in Europe si è svolta il 13 febbraio scorso a Roma presso il Complesso dei Dioscuri. Il progetto è stato finanziato dalla Commissione europea, Direzione generale “Occupazione, Affari sociali e Pari Opportunità” nell’ambito della Strategia quadro comunitaria 2001/2005 per l’uguaglianza di genere, Quinto Programma d’azione - ed è stato promosso in Italia dalla Fondazione Adkins Chiti: Donne in Musica, dal Censis e dalla Fondazione risorsa donna, in collaborazione con Groupe de Recherche sur le Rapport Enfants - Mèdias (Francia) e Media Literacy network (Grecia).Con questo lavoro si intende contribuire alla promozione delle pari opportunità tra donne e uomini in Europa, attraverso il cambiamento dei ruoli legati al sesso e il superamento degli stereotipi di genere.Durante l’incontro patrocinato dal Ministero per i beni culturali è stato presentato il “Libro Bianco”. Questo volume raccoglie i risultati di una ricerca estensiva sull’immagine della donna nei media, un’analisi della normativa sugli stereotipi di genere in diversi paesi europei e propone alcune linee guida per le istituzioni, i consumatori, i responsabili dei media. Abbiamo parlato dei risultati del progetto con Elisa Manna, coordinatore scientifico del progetto “Women and Media in Europe” per l’Italia e responsabile delle politiche culturali del Censis.Come e con quali contenuti la televisione offre e costruisce per il pubblico una realtà che “ha i caratteri e le sembianze di quella vera anche se è del tutto artificiale”?La televisione oggi costruisce modi di vedere la vita, modelli di comportamento, schemi di pensiero. Questo lo fa anche nella latitanza di agenzie di socializzazione primaria ossia della famiglia e della scuola. La mia posizione su come li costruisce e con quali contenuti è di forte preoccupazione e di forte critica. Tutti noi vediamo come la televisione in Italia si stia avvitando intorno ad una programmazione trash, spazzatura. I format sono tutti uguali, sono spettacoli basati sul nulla, sul vuoto assoluto. L’immagine della donna che viene restituita è di puro strumento, un oggetto decorativo - per non dire altro - che susciti una blanda eccitazione nei limiti che la televisione può proporre. Non restituisce nulla della complessità, della ricchezza di pensiero, della crescita della donna, dell’emancipazione femminile che ha portato le donne ad una presenza di primissimo piano nella società. Non è un caso se in campagna elettorale i politici si stiano contendendo il voto dell’elettorato femminile facendo varie promesse per quanto riguarda la realizzazione delle donne nel mondo del lavoro. Questo significa che le donne sono cresciute e chiedono sempre di più.In che misura l’immagine delle donne veicolata dai media contribuisce alla percezione che le donne hanno di sé, e che i bambini e gli uomini hanno delle donne? E in che misura questi stereotipi sociali influiscono e condizionano i rapporti e le relazioni?Indubbiamente la televisione offre schemi di rappresentazione femminile molto stereotipata: la casalinga felice e appagata di usare l’ultimo detersivo della pubblicità, oppure la donna furba e spregiudicata pronta a tutto pur di emergere: la bad girl dei reality, oppure la donna seduttrice pronta a sfoderare le armi di seduzione più esplicite: la donna degli show, ma anche dei reality, in generale dell’intrattenimento. Tutti questi modelli estremamente stereotipati influiscono sulla percezione che le donne hanno di se stesse. Le donne seguendo questi programmi si abituano a pensare che devono cercare di essere attraenti e seduttive come le donne della televisione perché le vedono come le donne vincenti. Sicuramente per quanto riguarda i minori si crea un’influenza incrociata. Le bambine e le adolescenti si convincono che quello è il modello di successo e di riferimento sia dal punto di vista estetico che dal punto di vista della professionalità cui si può ambire. Oggi una ragazzina ambisce a diventare una ballerina, una cantante, una show girl. Non gli viene in mente di fare il medico o l’avvocato, perlomeno a quella età. I bambini, gli adolescenti maschi si abituano a pensare che la donna cui fare riferimento, la donna da conquistare è un tipo di donna focalizzata sulla seduzione del maschio e il cui unico interesse è essere seduttiva e attraente. Non è un caso che nell’analisi del nostro libro il tema cui è soprattutto associata la donna è quello della moda, della bellezza, dell’intrattenimento, dello spettacolo. La tipologia di donna che appare nei media più frequentemente dal punto di vista numerico sono le donne dello spettacolo, le modelle. Un’ immagine femminile che si ferma alla pura superficie corporea perché la modella non esprime in alcun modo un’abilità se non avanzare qualche passo in passerella. L’universo mentale e intellettivo delle donne rimangono in ombra.Quando si riscontra che questa percezione stereotipata della donna non corrisponde alla realtà che tipo di effetti causa?Tutto questo crea una fuga di sofferenza, di scarto tra la realtà e la realtà immaginaria della televisione perché nella verità delle vita vissuta le donne non sono così. Le donne studiano e ambiscono a diventare medico, avvocato et cetera. Ci riescono e, in alcuni casi e con molta fatica, riescono a fare carriera. L’uomo che ha interiorizzato un’immagine della donna vecchia, stereotipata si ritrovano a fare i conti con donne che invece hanno nella testa tutt’altro. È vero che molte donne cercano di imitare le donne della televisione ma contemporaneamente esiste un processo di crescita, di emancipazione, di educazione e di inserimento professionale molto elevato che crea uno scarto con il tipo di relazione immaginaria cui l’adolescente maschio che è cresciuto con la televisione può essere abituato. Un esempio può essere ‘Uomini e Donne’ di Maria De Filippi. Il format è basato sul fatto che alcune donne cercano di conquistare in tempi molto rapidi un maschio con scollature, vezzi, tentativi di seduzione, con tutto ciò che si può fare in poco tempo davanti ad una telecamera. Il gioco può essere anche l’opposto, alcuni uomini in gara per conquistare una donna. Tutto questo propone una percezione dei rapporti uomo e donna basata esclusivamente sulla seduzione fisica si scontra con la realtà che invece è fatta di sentimenti, di emozioni, di contraddizioni, di un vissuto interiore che ovviamente va aldilà della pura attrazione fisica.La delusione causata da un’aspettativa disattesa può far aumentare la violenza contro le donne?Sicuramente sì perché esiste nel maschio un senso di frustrazione enorme tra un’immagine interiorizzata di donna succube e sottomessa e funzionale al suo immaginario erotico maschile e la donna reale, con le sue aspettative, le sue esigenze, le sue ‘pretese’. È una donna più forte, più esigente, più consapevole dei suoi diritti di quanto il maschio medio si aspetti. Il maschio si aspetta tutt’altro perché nella maggior parte dei casi è cresciuto con una madre prona a tutta le sue aspettative, con un immaginario televisivo e cinematografico in cui la donna è esclusivamente un oggetto di piacere. Di conseguenza c’è conflitto tra le aspettative e il vissuto reale che sicuramente possono generare forme di azione violenta e in alcuni casi anche forme molto eclatanti che leggiamo sui giornali. Non esistono dati comparativi che ci possono dare un quadro della situazione completo però, in Spagna - per esempio - si stanno realizzando molte campagne di comunicazione di grande impatto per indurre le donne a denunciare la violenza domestica. Questo vuol dire che malgrado la crescita, l’emancipazione, l’inserimento professionale le donne subiscono all’interno delle mura domestiche tutta una serie di conflitti che poi prendono la forma della violenza del maschio sulla donna.Pubblicità, programmi televisivi, riviste e quotidiani alimentano questi stereotipi. Solo alcune fiction riproducono un’immagine della donna che si avvicina di più alla realtà. Ma, nonostante l’Auditel registri percentuali di share elevate, nei palinsesti questo tipo di offerta è un’eccezione. Questo modello di donna potrebbe essere percepito anch’esso come un’eccezione? Questi modelli contraddittori insomma riducono o rafforzano gli stereotipi?È una domanda molto originale e intrigante. Io propendo per l’ottimismo da questo punto di vista. Il fatto che un genere televisivo come la fiction proponga modelli di donna realizzata e capace di gestire situazioni complesse nel mondo del lavoro offre uno spaccato di identificazione alle donne che nessuno degli altri generi propone. Offre quindi la possibilità di fare il commissario di polizia, il medico, l’architetto, la ricercatrice e di farlo con posizioni di rilievo, dirigenziali, di organizzazione del lavoro degli altri, di assunzione di responsabilità, di prontezza nelle decisioni e così via. Tutto questo è un fatto positivo. Come mai la fiction riesce ad intercettare questa realtà e gli altri generi non ci riescono? Probabilmente perché la fiction ha dei tempi più lunghi e un insieme di professionalità più ricco. Si tenta un’identificazione più consona alla realtà. È un’ipotesi perché tutto sommato anche la pubblicità ha dei tempi di preparazione congrui. Noi vediamo uno spot pubblicitario che dura pochi secondi ma dietro c’è un grossissimo lavoro di creatività, di ricerca e così via. In alcuni casi anche la pubblicità cerca di intercettare la modernità. Quello che più impressiona è proprio questo radicamento nell’intrattenimento nella dimensione più stereotipata e purtroppo, anche per quanto riguarda l’informazione, sono restituite della donna prevalentemente l’immagine di vittima oppure carnefice di crimini di cronaca nera. Penso alla lunga parabola di mamme assassine con cui siamo intrattenuti ogni sera. L’informazione non riesce a cogliere quanto di interessante potrebbe darci rispetto alla vita delle donne, alla loro crescita e ai loro successi. Pensiamo a quante donne nella scienza, nella ricerca, nell’arte, nella cultura ottengono grandi vittorie, consensi, premi ma nessuno non ne sa niente se non si tratta di qualcosa di molto spettacolare. Esistono per esempio delle donne Direttore d’orchestra. Ma chi lo sa? Nessuno lo sa.Nella fiction come nella vita le donne dimostrano autorevolezza e capacità di mediazione e negoziazione del conflitto. Dimostrano di avere doti e qualità considerate tradizionalmente femminili ma di possedere anche quelle considerate tradizionalmente maschili. È la consapevolezza di questa marcia in più che hanno le donne ad indurre gli uomini a rispondere in modo reazionario o violento?Sì. Sono totalmente d’accordo con questa lettura. Io credo che gli uomini - che non sono stupidi - si rendano conto che le donne hanno una marcia in più, che le donne siano effettivamente capaci di gestire i problemi e i conflitti all’interno del mondo del lavoro. Questo genera uno stato di frustrazione e di perdita di identità. Gli uomini capiscono che anche dal punto di vista del comando - ciò in cui si sono sempre identificati - le donne sono più brave perché comandano in una maniera più morbida, più intelligente, più intuitiva, più empatica, e che in effetti hanno una marcia in più. Io sento spesso dire da uomini che il futuro è delle donne e lo dicono con amarezza. Gli uomini sono consapevoli che le donne in un futuro lontano prenderanno moltissimo spazio. Questo dà loro un senso di perdita di identità, sentono di aver perso il loro campo, il dominio sociale, la capacità di comandare perché poi anche dal punto di vista dell’emotività, della relazione sentimentale le donne - per un dato biologico, per via della maternità - hanno una capacità di lettura delle emozioni e dei sentimenti oggettivamente superiore. Quando per esempio una donna diventa premier rimangono spiazzati perché devono ammettere che una donna è capace di ricoprire il loro stesso ruolo e magari lo fa meglio.Quali sono le linee guida che avete individuato per regolamentare il sistema dei media anche sul piano dei contenuti?Noi potremmo lavorare su tanti piani. Il piano più importante dal punto di vista istituzionale sarebbe proporre un codice di autoregolamentazione così come esiste su tv e minori. Si propone un codice di autoregolamentazione perché si tratterebbe di qualcosa di spontaneo che viene dalle emittenti, dell’editoria e della pubblicità. È una regolamentazione che non cambia la realtà dall’oggi al domani però produce consapevolezza. Da parte nostra lo proporremo in ogni occasione che ci capiterà in futuro ma naturalmente deve venire dal mondo dei media perché appunto l’autoregolamentazione è un’espressione del mondo dei media. Un altro filone molto importante è la formazione professionale. Si diventa giornalisti o operatori dei media nei modi più disparati e vari e quasi mai c’è una formazione di sensibilizzazione alle questioni di genere. La maggior parte dei giornalisti e degli operatori che lavorano nei media non sa niente di tutto questo. Non ha nessuna sensibilità.Ci sono paesi - come per esempio la Svezia - che fanno formazione di giornalisti tarata in maniera diversa a seconda che si tratti di donne o di uomini. Si parte dall’idea che una donna ha una sensibilità naturale, spontanea per questi temi e che in un uomo nella stragrande maggioranza dei casi non c’è. Poi ci sono altre forme più leggere che possono avere un impatto come un premio per la pubblicità più innovativa dal punto di vista delle questioni di genere oppure quella peggiore. Per esempio in Francia è stato istituito il “Premio Macho” per la pubblicità più maschilista. Riuscire a far rumore intorno a questi argomenti significa sensibilizzare l’opinione pubblica, renderla più consapevole.Queste sono questioni complesse sul piano culturale. Molte persone non hanno la consapevolezza di aver interiorizzato degli stereotipi. C’è bisogno di un percorso interiore che nella maggior parte dei casi non viene neanche avviato. Occasioni pubbliche, sostenute anche dalla televisione, che richiamano l’attenzione e facciano una specie di alfabetizzazione di massa intorno a queste tematiche potrebbero essere importanti. Poi si potrebbe avviare anche un lavoro di Media Education di genere nelle scuole. In Italia ci troviamo in una fase in cui non esiste una educazione ai media in generale. Sono tutte cose però da stimolare a da avviare.Aprile 2006Fonte: Il Paese delle donne on line - Parole, politiche e pratiche di donne