Riflessi e psiche
Riflessioni di una Psicoterapeuta - Dott.ssa Catherine Fiore - Via Giosuè Carducci,15 - San Giorgio Ionico (TA) - fiore.catherine@libero.it - 340 3994553
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Post n°2 pubblicato il 07 Febbraio 2012 da fiore.catherine
Non esistono parole più chiare del linguaggio del corpo, una volta che si è imparato a leggerlo. Alexander Lowen Il nostro corpo può raccontarci tante cose su di noi: sentimenti poco chiari, impulsi ambivalenti, emozioni represse, il nostro essere nel mondo. Ma troppo spesso capita che non ascoltiamo i segnali che il nostro corpo ci manda. Perchè se è vero che con le parole possiamo mentire, il corpo non mente mai... Il nostro corpo parla, non soltanto con la mimica o con la gestualità. Parla tramite la pelle, con la temperatura, la sudorazione, la salivazione. Parla con il respiro e con la pressione sanguigna, con i battiti cardiaci e con la stanchezza. Ma anche, e soprattutto, con la sua struttura esterna: la postura, la localizzazione di depositi di grasso, l’immagine che trasmette al mondo di noi stessi. Il corpo è dunque il più potente, fornito ed attento strumento di valutazione delle situazioni che ognuno di noi possiede. Eppure, nonostante tutto questo, la cosa più difficile per noi è ascoltarlo. Questo è il vero significato del potere del nostro corpo. Spetta a noi assumerci la responsabilità di scegliere se recepirli o meno perché emozioni vissute ed Io corporeo (cioè l’immagine che abbiamo e che diamo di noi stessi) sono, una volta ancora, indissolubilmente collegate. J.I.Kepner ritiene che spesso i sintomi somatici, le tensioni muscolari e alcuni movimenti e posture ormai divenuti abituali, siano l’espressione di una resistenza psichica: integrare il lavoro corporeo con la consapevolezza psichica è l’unica via per rendere il soggetto libero dalla “gabbia fisica” che lo blocca e lo limita nel suo essere nel mondo con dolori fisici, tensioni muscolari e sintomi di vario genere. E’ infatti attraverso il nostro corpo e il movimento che entriamo in contatto con l’ambiente, che entriamo in relazione con gli altri e che ci permettiamo di esprimere le nostre emozioni. Lo stesso termine emozione deriva dal latino e-movere (muovere fuori), ne deriva che per poter esprimere un sentimento, un’emozione, dobbiamo compiere un movimento dall’interno del nostro corpo verso il mondo esterno; ma, alle volte, per adeguarsi alle richieste implicite o esplicite dell’ambiente, siamo costretti a rinunciare all’espressione di alcuni sentimenti e con essi anche ai rispettivi movimenti. E’ qui che nasce l’atto bloccato, inespresso che trova posto solo in una struttura corporea fissata e in abitudini posturali spesso impenetrabili da un trattamento puramente psicologico o puramente fisico. Noi conserviamo in larga misura l’esistenza degli aspetti rinnegati del Sé attraverso il legame che essi hanno con le funzioni ed i processi del nostro corpo. Ci sono contrazioni antiche, oppure indotte da particolari posture o da esperienze traumatiche o cronicizzate, che sembrano addirittura opporsi alla parola, alla consapevolezza mentale, quasi a ribadire una richiesta di qualcosa d'altro: la dimensione corporea e quella mentale si rispecchiano e risuonano costantemente l'una nell'altra anche quando sembra proprio il contrario. Quindi... non guarire le emozioni ma guarire con le emozioni che passano attraverso il corpo. |
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