Psico-comunicazione

Il significato


Quante cose nella vita ci appaiono in superficie semplici e scontate, e, per mancanza di tempo, voglia, o input adeguati, non ci soffermiamo un attimo ad esaminare più in profondità?  Moltissime.  Una di esse è il significato.Provate a fermare uno sconosciuto per strada e ditegli “ieri abbiamo potato l’erba”.  Una frase banalissima no?  L’azione che denota è chiara e comprensibile per chiunque, eppure il malcapitato probabilmente vi guarderà come se vi fossero spuntate le antenne.  Tralasciando le implicazioni sociologiche che sono alla base di parte del suo stupore (ad es. la sorpresa e la diffidenza per la vicinanza con uno sconosciuto), il suo disorientamento iniziale è dovuto, nel caso della frase sopraccitata, a  1 – il soggetto sottinteso “noi” che non dà alcuna indicazione su chi abbia effettivamente compiuto l’azione di potare l’erba, e soprattutto  2 – il mancato inserimento della frase in un contesto.  E’ principalmente sul secondo punto che desidero soffermarmi nella seconda parte di questa relazione.Ma vediamo ora altri simpatici esempi in cui il significato, per motivi di volta in volta differenti, è qualcosa di vago e assolutamente fraintendibile. Persino una semplice parola può essere, in casi particolari, oggetto di ambiguità, soprattutto qualora non sia inserita in un contesto chiaro (ma d’ora in poi eviterò di specificare ogni volta questo punto).  Pensiamo ad esempio al termine “granata”… Non è un caso che l’abbia scritto in quel colore, dato che esso è, in effetti, il primo significato che la parola può assumere.  Granata, però, è anche un sostantivo che può benissimo essere inteso come sinonimo di bomba, proiettile, ed è forse questo il significato più comune che gli viene attribuito.    Non credo, infine, che molti conoscano la granata di saggina, che è un tipo particolare di quella saggina che viene utilizzata per realizzare le tipiche ramazze. Ben 3 significati possibili per un singolo vocabolo, niente male davvero…
Passiamo ora ad un esempio un po’ più complesso e, se vogliamo, pittoresco.“I vitelli dei romani sono belli” è una frase latina un po’ strana ma senza dubbio dal significato compiuto.  Avete letto bene, latina.  Tradotta in italiano diventerebbe “Vai, o vitello del dio romano al suono della guerra”… Certo è difficile immaginarsi una scena di questo tipo, ma il significato, perlomeno dal punto di vista meramente lessicale, non lascia spazio ad incertezze di alcun genere.  Questo esempio molto particolare serve a capire che in alcuni casi persino la stessa frase (o meglio, lo stesso accostamento di sillabe) può comunicare, in due diversi idiomi, due concetti completamente separati.Continuando a cavalcare il binomio significato-idioma, ma passando ora ai giorni nostri, vediamo il caso, molto specifico ma altrettanto carino, dei cosiddetti modi di dire intraducibili.Se dichiarassimo ad uno straniero (che ovviamente non deve conoscere alla perfezione la nostra lingua) che abbiamo fatto i salti mortali per fare una determinata cosa, probabilmente non capirebbe completamente ciò che stiamo cercando di dirgli.  Allo stesso modo, se ci rivolgessimo a lui con espressioni “slang” del tipo “Ehi amico, come butta?” o “Ciao bello, che si dice?”, una espressione confusa si dipingerebbe senza dubbio sul suo volto.  Andando più nel particolare, assai indicativo è il caso del modo di dire anglosassone “it’s raining cats and dogs”, ovvero, secondo una traduzione per nulla letterale, “piove a catinelle”.  E’ ovvio che “piove cani e gatti” non significa davvero nulla nella lingua di Dante, sebbene sia la traduzione pari pari della sentence inglese… E questo è solo uno dei numerosissimi esempi di questo tipo che si potrebbero scovare in tutti gli idiomi esistenti.
Restiamo nell’ambito dei modi di dire, ma tentiamo ora di esaminarne uno un po’ più approfonditamente.E’ chiaro a tutti ciò che si intende quando si afferma che qualcuno si sta “arrampicando sugli specchi”. 
E’ interessante però notare che chiunque pronunci questa frase non fa alcun riferimento (nemmeno mentale) al suo significato letterale, cioè il fatto di tentare materialmente di arrampicarsi su di una superficie riflettente, ma astrae inconsciamente da esso il concetto di manifesta inutilità di tale gesto per applicarlo al contesto attuale in cui è stato esclamato il modo di dire.   In questo caso quindi, il significato letterale di ciò che si dice viene lasciato da parte, per cogliere invece solo il senso della metafora in questione e applicarlo di volta in volta a casi differenti, i quali non hanno ovviamente alcun legame con il senso letterale insito nelle parole “arrampicarsi sugli specchi”.Abbiamo accennato, all’inizio, all’importanza che rivestono il contesto e la sua relazione con il significato.  Ritengo giusto sottolineare nuovamente quanto sia rilevante che un vocabolo, una frase, o un intero discorso, siano inseriti all’interno di un contesto ben chiaro e definito che ci permetta di coglierne appieno il senso.  Il contesto dunque non è solo la cornice del significato, bensì il suo vero e proprio sfondo, senza il quale esso perde immensamente valore e, se vogliamo, colore.Riguardo a questo fondamentale aspetto della comunicazione vediamo un solo esempio, che spero però sia estremamente chiaro e non fuorviante.  
“Silenzio, per favore”  Una frase semplicissima, vero?  Anche il suo significato, in apparenza, è lampante e non lascia spazio a molte interpretazioni.  Però… tanto per cominciare, provate un attimo a chiudere gli occhi e ad immaginare (se non l’avete già fatto) un contesto materiale all’interno del quale possano essere pronunciate queste parole.  Sicuramente ognuno di voi avrà pensato a situazioni, luoghi molto differenti fra loro che però possono essere in ugual modo perfetti per la frase di cui sopra (o meglio, è la frase che si adatta molto bene ad essi).  Inoltre, al variare del luogo concreto variano anche i soggetti ai quali la frase può essere rivolta, e questo non è affatto un elemento da sottovalutare in merito alla comprensione completa del suo significato.   Ma le possibili differenze non sono finite: anche il soggetto che pronuncia questa frase ha un ruolo fondamentale, dato che essa può assumere, a seconda dei casi, il tono di una preghiera (immaginatevi un insegnante di scuola elementare esausto per le intemperanze infinite dei suoi alunni), di una richiesta più o meno garbata (il custode di una biblioteca che esige il rispetto della regola del silenzio), o di un’imposizione (non fatevi ingannare dal “per favore”, l’espressione può essere esclamata anche in maniera secca e scortese; pensate ad un individuo stressato che si reca al cinema per rilassarsi un paio d’ore, e si becca nei posti dietro al suo due ragazzini che non fanno altro che ciarlare, seppur a bassa voce, per tutta la durata del film…).  E’ chiaro, insomma, che in questa frase così breve e così semplice, la quale non dovrebbe far nascere nessun dubbio di sorta, possono essere contenute talmente tante sfaccettature di senso - più o meno - differente che sarebbe folle tentare di trovarle ed elencarle tutte una per una.
 In conclusione…
Trovo suggestivo pensare che si possa rappresentare visivamente una frase di questo tipo come un lungo corridoio bianco in stile Matrix, con molte porte in apparenza identiche, su entrambi i lati, le quali però si affacciano su contesti estremamente differenti e che, una volta aperte, rivelano la presenza (o meglio, compresenza), prima nascosta, di molteplici significati, e permettono di raggiungerli.