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E dopo la scuola..? Prospettive dell’inclusione lavorativa per persone con disabilità.

Post n°3 pubblicato il 17 Marzo 2013 da Psicologiaexpress
 

 

 

 L’attuale scenario politico ed economico non è rassicurante per nessun cittadino del nostro paese: licenziamenti, disoccupazione, precarietà lavorativa sono temi che assillano moltissime famiglie. I bisogni lavorativi e le problematiche d’inserimento nel mondo del  lavoro appartengono a tutti. Oggi inoltre milioni di persone soffrono a causa di una condizione di salute che, in un ambiente sfavorevole, diventa disabilità. Del resto “La vita è tutto quello che succede mentre stai facendo altri progetti” (JOHN LENNON, Beautiful BOY) e chiunque può ritrovarsi all’improvviso in una condizione di disabilità. È necessario intendere la disabilità come un problema successivo all’Essere Persona. Senza questo presupposto si rischierebbe di pensare a un disabile come a “altro” rispetto all’essere umano, quando invece, la disabilità è parte della sua stessa complessità.

 Tale consapevolezza ha indirizzato l’OMS ad adottare l’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health - presentato in Italia nel 1998), che è diventato lo standard internazionale, per misurare e classificare salute e disabilità. L’ICF ha introdotto, quale variabile determinante  nella  definizione dello stato di salute e benessere, “la relazione dell’ individuo con l’ ambiente”, producendo un grande cambiamento culturale con un notevole impatto sui  processi di presa in carico e sugli  interventi di politica  sociale e sanitaria.

    Il cambiamento  culturale    in relazione alle “evoluzioni concettuali” delle classificazioni dell’OMS

 Prima dell’ICF le Classificazioni internazionali  utilizzate dall’OMS nella definizione della Disabilità erano l’ICD e l’ICIDH.

Nel 1970, l’ICD (International statistical classification of diseases ) è stato  il primo sistema di classificazione delle malattie,  basato sulla sequenza: eziologia, patologia, manifestazione clinica;      un modello eziologico che non consentiva di cogliere le eventuali situazioni disabilitanti a seguito delle patologie.

Nel 1980, l’ICIDH (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps ) fu pensato come complementare all’ICD al fine di  classificare le conseguenze delle patologie e le loro interdipendenze e per focalizzare l’attenzione sul recupero mirato e individuale delle potenzialità’ esistenti sia a livello di menomazione sia soprattutto di disabilità e di handicap.

Si basava su un modello sequenziale di base che distingueva fra menomazione, disabilità e handicap.

1.     Menomazione (impairment): perdita di sostanza o alterazione di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica;

 

2.     Disabilità (disability): riduzione parziale o totale, conseguente a una menomazione, della capacità di compiere un’attività, nel modo e nei limiti considerati “normali” per un essere umano di quell’età, in condizioni basali, in eguale contesto;

 

3.     Handicap: condizione di svantaggio esistenziale e sociale conseguente a una menomazione o a una disabilità che limita o impedisce all’individuo lo svolgimento di un ruolo e un’attività sociale” normale”.

   La classificazione del 1980, nata per studi sul campo, ha costituito un progresso reale e ha contribuito al miglioramento della prevenzione, della presa in carico e della gestione della disabilità offrendone una base concettuale e uno strumento di analisi.

La sequenza descritta nell’ICIDH non corrisponde sempre alla realtà dei fatti: l’handicap può essere conseguenza di una menomazione senza la mediazione di uno stato di disabilità.  Una deformità può per esempio dare origine a ostacoli nei normali tentativi di instaurare dei rapporti sociali; essa determina l’handicap ma non la disabilità. Una persona può essere menomata senza essere disabile e disabile senza essere handicappata.

Accade inoltre che due persone con la stessa malattia possano avere diversi stati funzionali e che due persone con lo stesso stato funzionale non abbiano necessariamente la stessa malattia.

  Inoltre uno dei principali difetti dell’ICIDH 80 consisteva nel fatto che non prendeva in considerazione il ruolo dell’ambiente fisico e sociale nella genesi dell’handicap e di conseguenza questa classificazione non poteva essere utilizzata per descrivere e ancor meno misurare gli effetti prodotti da un ambiente inadatto sulla vita delle persone.

 L’ICIDH inoltre considerava il mondo fisico fisso e immutabile e non riconosceva ne’ la presenza di barrire ambientai e sociali ne’ l’assenza di facilitatori ambientali e sociali  che sono all’origine della disabilità!

Sicché le revisioni successive  dell’ICIDH hanno prodotto l’ ICF e l’utilizzo congiunto  con l’attuale  ICD- 10 ha accresciuto la qualità dei dati, ha veicolato una serie di importanti cambiamenti a livello culturale sui concetti di salute, funzionamento, e soprattutto disabilità.

 L’ICF rappresenta una classificazione delle caratteristiche della salute delle persone (non è assolutamente una classificazione delle persone)all’interno del contesto delle loro situazioni di vita individuali e degli impatti ambientali, oltre che una classificazione delle “conseguenze delle malattie.”

La salute (non è solo assenza di malattia) è uno stato dell’intera persona, pertanto è benessere strettamente legato al funzionamento umano a tutti i livelli: biologico, psicologico e sociale.

L’inclusione dell’ambiente nella definizione dello stato di salute è di primaria importanza: la salute di un individuo influisce direttamente sul suo contesto di vita (implicando dei cambiamenti sulle sue abitudini, sul lavoro, sulle sue relazioni), così come l’ambiente influisce sulla salute delle persone( per esempio a livello di leggi,atteggiamenti,barriere,inquinamento o stress situazionale)

Il concetto di funzionamento promosso dall’ICF esce dalla vecchia concezione di abilità residua per promuovere una visione positiva della persona con disabilità e indica gli aspetti positivi dell’interazione tra un individuo e l’ambiente in cui vive. La capacità di un individuo di svolgere un’attività se facilitata dall’ambiente si trasforma in un miglioramento della performance, diversamente,in presenza di ostacoli e barriere,in una diminuzione. 

 Infatti, il concetto di disabilità indica gli aspetti negativi dell’interazione fra l’individuo e il suo ambiente, per cui a parità di capacità due individui messi in condizioni ambientali differenti avranno performance diverse.

 L’ICF (non ha adottato un modello medico lineare) ma ha fatto proprio il modello bio-psico-sociale per cui la disabilità è la risultante delle interazioni reciproche fra le lesioni o le menomazioni a livello delle strutture e funzioni del corpo, le limitazioni dell’attività, le restrizioni della partecipazione e i fattori contestuali ambientali e personali . Un sistema di misura della disabilità non più legato alla sommatoria di ciò che manca a una persona ma a un’accurata valutazione del funzionamento e dell’ambiente.

Un metodo che impone di prendere in considerazione non solo la patologia ma l’intera persona con i suoi problemi le sue capacità  in relazione all’ambiente in cui vive.

 Da queste condizioni imprescindibili, ne consegue che, per favorire adeguati processi d’inserimento lavorativo, è necessario attivare percorsi mirati, processi riabilitativi, politiche sanitarie e azioni sociali efficaci e più che mai efficienti. Occorrono azioni mirate e specifiche nel rispetto dell’individualità e specificità dell’essere umano, che non possono non includere valori di sussidiarietà e solidarietà e azioni di responsabilità  di tutti gli attori sociali che insieme devono contribuire a creare “il Sistema dell’Inserimento Lavorativo”, poiché in assenza di tali azioni l’individuo più bisognoso di aiuto è destinato a soccombere.

Come si fa l’inserimento lavorativo?   Che fare per un ragazzo che esce dalla scuola e che si affaccia al mondo del lavoro  con diagnosi di autismo?

In questo territorio l’ASL si ‘è dotata di una U.O. collocata nel Dipartimento di Riabilitazione, che nell’ambito delle proprie attività riabilitative, svolge un’azione di mediazione al lavoro con programmi di inclusione lavorativa diretti alle persone disabili e alle aziende e in attuazione delle “norme per il diritto al lavoro dei disabili”,L..68 del 12/03/1999 , di concerto con il Servizio di Collocamento Obbligatorio della Provincia di Taranto, persegue la finalità  dell’inserimento lavorativo mirato. Per collocamento mirato delle persone con disabilità s’intende secondo quanto dispone l’art.2 della legge 68 ”quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi dei posti di lavoro,forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione.”

 Utilizzando gli strumenti messi a disposizione dalla normativa vigente il Servizio si occupa della presa in carico di persone disabili adulte che hanno l’esigenza di collocarsi nel mondo del lavoro e allo stesso tempo attua interventi  orientati alla conoscenza e alla sensibilizzazione del mondo del lavoro, oltre che, al reclutamento di aziende sensibili e/o obbligate dalla L.n.68/99. Attua interventi sulla società civile promuovendo una cultura positiva dell’handicap aderendo a iniziative aventi lo scopo di valorizzare le esperienze positive di inclusione sociale e lavorativa  di persone disabili.  

È il profilo di funzionamento (ICF) che consente di individuare i reali bisogni formativi e riabilitativi della persona nell‘ambito di un Progetto di Vita concordato insieme all’utente e teso a realizzare e soddisfare i bisogni specifici compresi quelli riferiti alla sua inclusione sociale e lavorativa. Le azioni di valutazione e di costruzione di un profilo di funzionamento  hanno lo scopo di individuare e conoscere i punti di forza e di debolezza della Persona, le sue capacità cognitive, funzionali, relazionali,  le sue attitudini e le sue motivazioni, le capacità di gestire le situazioni di frustrazione e di risolvere problemi  e  di individuare le risorse personali e ambientali utili per il suo inserimento nei  programmi di inclusione sociale e lavorativa. Questi elementi di conoscenza emergono nell’ambito dell’attività che consente la Presa in Carico della persona.

  Parallelamente al lavoro sugli utenti, un’area del servizio attua interventi finalizzati alla conoscenza del mercato del lavoro, al reclutamento delle aziende disponibili a ospitare esperienze di formazione al lavoro al proprio interno o in obbligo di assunzione. Le aziende, (sia quelle soggette agli obblighi della L. 68/99 e anche quelle non soggette), possono stipulare una convenzione con gli Uffici Provinciali del Lavoro per il collocamento dei disabili al fine di concordare i tempi e le modalità di assunzione. 

Le convezioni prevedono un insieme di misure e di strumenti che permettono di modulare l’accesso al mondo del lavoro in funzione dei bisogni e delle necessità della persona: chiamata nominativa; misure di selezione, agevolazioni, incentivazioni fiscali e rimborsi; misure di accompagnamento da parte dei servizi di mediazione;programmi di formazione sia all’interno che all’esterno dell’aziende programmi dei tempi delle assunzioni; tempi di prova più lunghi di quelli contrattuali, incentivi e agevolazioni per l’aziende.

È altrettanto necessario, alla stregua di quanto accade per l’utente, costruire un profilo del funzionamento dell’azienda.

Alla fine dei processi suddetti si realizza il maching: l’incrocio fra le abilità possedute dalla persona e i pre-requisiti richiesti dalle posizioni di lavoro. La conoscenza del profilo di funzionamento della persona e del profilo di funzionamento dell’azienda favorisce l’interazione positiva fra la persona e l’ambiente (ICF), laddove l’ambiente/lavoro rappresenta uno di quei molteplici ambienti di vita dell’individuo.     

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