La guerra la fanno i ricchi...Quando i ricchi si fanno guerra tra loro, sono i poveri a morire.(J.P. Sartre) Che brutto affare la guerra! Ormai le immagini televisive ci hanno resi quasi indifferenti di fronte a scene e foto che fino a nemmeno un decennio fa erano ancora capaci di scuotere le coscienze. Ma viverla dal di dentro è tutt'altra cosa perché lì oltre alle immagini (spesso appunto, foto che fermano un momento), partecipi al "divenire" degli eventi, leggi la paura,vivi il terrore, l'odio negli occhi dei combattenti, senti il rumore delle armi e il fetore della morte, del sangue e degli escrementi (pochi hanno chiaro il concetto che quando un uomo muore di morte violenta, si svuotano subito gli intestini e la vescica per il prolasso improvviso degli sfinteri) senti i lamenti, le urla, gli
strepiti, il crepitare delle automatiche che danno e ricevono morte. Vedi, noti e scopri subito tra i belligeranti, i professionisti della guerra. Quelli che sono senza patria, lì, prezzolati ed addestrati a portare morte per mestiere, per denaro e questo rende ancora più triste il tutto. Pensavo che tra le tante domande che, per esigenza di copione televisivo, non vengono mai poste, ce n'è una semplicissima: com'è possibile? Com'è possibile che uomini "civili" accettino di fare altrove cose che mai si sognerebbero di fare in casa propria, come uccidere, seviziare e reprimere? Più di 40 anni fa, lo psicologo sociale americano Stanley Milgram, apostolo di Adler, riformulò a questo proposito una celebre ipotesi esplicativa del maestro, suffragata da un altrettanto celebre esperimento. Una cosa molto interessante, davvero! Egli mostrò, al di là da ogni ragionevole dubbio, che data un'autorità riconosciuta come legittima, una forte pressione conformistica ed una qualche blanda giustificazione ideologica, qualche volta solo il dio "denaro", un qualsiasi onesto cittadino può trasformarsi in scrupoloso esecutore di ordini spietati. Con buona pace dei sostenitori dell'unicità della Shoah - che significava, di fatto, la sua irripetibilità - Milgram (come, per altre strade, la Arendt della "Banalità del male") dissolveva così la consolante ipotesi dell'uomo o del popolo mostro per natura. Ma quando mai!!! Per l'orrore, i baffetti di Hitler e l'antisemitismo non sono affatto indispensabili! La differenza tra il perseguitato ed il persecutore è solo una differenza di posizione nella scacchiera della gerarchia burocratica. A decidere sono piuttosto le regole oggettive del gioco. La logica del potere si rivela insomma più forte di ogni etica umana e trascina anche quelli che in cuor loro, se fossero soli, mai ricorrerebbero alla violenza. In fondo è questa la logica che crea "il branco" nelle nostre città. Ma torniamo all'esperimento di Milgram: ancora più agghiaccianti sono le risposte date dai soggetti sottoposti a questa sua esperienza scientifica, per spiegare il loro comportamento. Avevano somministrato scariche elettriche ad
innocenti che, se fossero state reali, avrebbero avuto conseguenze gravissime, anzi per qualcuno, letali. Avevano visto quelle cavie (in realtà attori addestrati) lamentarsi ed implorare di farla finita. Ma quelli andavano avanti! A spingerli a proseguire era soltanto l'autorità di un uomo in camice bianco che diceva di lavorare per la "scienza". Nient'altro. Viene un brivido a pensare che cosa può fare un uomo quando a motivarlo è un qualche Grande Valore: la "democrazia", la "nazione" o, addirittura, "Dio"...e si riesce a dare non una logica né una giustificazione(come si fa?) ma una vaga quanto inutile spiegazione, persino all'esistenza di una idiozia come la guerra! Ad esperimento concluso, posti di fronte all'evidenza della loro responsabilità, i più non sapevano rispondere altro che "si trattava del mio lavoro, in un modo o nell'altro, andava portato a termine". Come se il lavoro non fosse altro che un'attività indifferente ai fini, un fare estraneo al senso e valutabile solo per i suoi risultati operativi, non importa quali essi siano (ma non ragiona proprio così un militare di carriera, un "professionista della sicurezza internazionale" ecc?). L'esperimento, del resto, avveniva negli Stati Uniti, il paese che ha nel suo DNA l'etica protestante e lo spirito del capitalismo. Milgram sottolinea anche come la rinuncia a continuare nell'esperimento (non più di un 15% del totale dei soggetti coinvolti) avesse per questi, che in realtà dimostravano di avere una coscienza,(non certo vigliaccheria), un costo psichico che raramente si è disposti a sostenere. Perché chi ha la nobiltà ed il coraggio di fermarsi - il disertore, il refusenik, il renitente - in definitiva deve riconoscere che fino a quel momento ha sbagliato tutto. I più preferiscono perciò tirare dritto preferendo non mettersi in discussione. L'azione compiuta, indipendentemente dalla sua malvagità, tende così automaticamente a generare un'azione identica. Altrimenti non si spiegherebbero gli stermini nazisti che sono durati fino all'ultimo giorno di una guerra già persa o le vessazioni e le torture a cui sono stati sottoposti alcuni militari americani rimasti nelle mani dei vietnamiti dopo oltre un decennio dalla fine delle ostilità e nemmeno l'ostinazione con cui, oggi, i media, che con la menzogna hanno fomentato la guerra coloniale, continuano di fatto a sostenerla, nonostante l'evidenza della menzogna stessa.La mistica cristiana Simone Weil, poco prima di morire, ebbe modo di sperimentare tutta l'atrocità della guerra. Niente più della guerra
è figlio del prosperare del vizio e della sventura della virtù. La Weil, psicologa profonda e di spessore, non aveva però dubbi sul significato della parola "eroe". Ella individuava nell'invisibilità la dimensione propria dell'azione massimamente virtuosa. Al limite l'eroe è colui che sparisce, senza lasciare traccia di sé, senza nemmeno una memoria postuma. Al contrario l'azione viziosa è quella che reclama visibilità, che pretende di essere apprezzata e giudicata con i criteri del "mondo" e della "storia". Niente ai suoi occhi è più peccaminoso di questa pretesa di riconoscimento. Dal punto di vista di Simone anche il Paradiso e l'Inferno dei cristiani, almeno nella loro accezione comune, sono allora solo degli agenti inquinanti che contaminano tanto la purezza di una vita virtuosa quanto la colpevolezza di una vita malvagia. Ma perché i progetti di pace falliscono sistematicamente? Come si fa a non vedere che l'unica forma di pace è ancora quella di cui parlava amaramente Tacito, la "pax romana", così simile alla "pax" armata cara agli attuali capi statunitensi...quella pace, cioè, che consiste nel far sapere al mondo:"State attenti che con le armi che ho io, faccio tutti i massacri che voglio..." e magari,come ci è capitato di vedere, fare addirittura "preventivamente" una "guerra" e chiamarla poi pomposamente "pace"? Senza voler essere né ironico né dissacratorio, ma solo "molto chiaro", mi sembra che non è sbagliato dire che combattere per la pace alla fine è come fare l'amore per la verginità! Ci può essere una stupidata maggiore? E le parole di Freud non sono affatto diverse da quelle che oggi, soprattutto in Europa, si levano nel vano tentativo di arginare l'arroganza militare dell'impero."Il diritto internazionale deve fondarsi su una federazione di liberi stati", scriveva Freud. La pace perpetua ha insomma come sua imprescindibile condizione una federazione di stati come mezzo di regolazione pacifica delle contese e di garanzia delle libertà di ognuno. Splendido! E dunque, a torto si rimprovera all'illuminismo solo un arido razionalismo. Infatti proprio in questo progetto freudiano, che anticipa di oltre 100 anni quanto si vorrà realizzare nel secondo dopoguerra (senza riuscirci) con le Nazioni Unite, si può toccare con mano la generosa illusione che caratterizza ogni illuminismo. Perché Freud in realtà, con quella espressione, sta chiedendo al potere di fare quello che il potere, se vuole restare potere in atto (e lo vuole, anzi lo pretende!), non può per principio fare: rinunciare a se stesso per sottomettersi al diritto. Sarebbe bello...auspicabile! Ma non accade, perché è contro la "logica" del potere. Il potere uccide gli altri, non si suicida! E qui cade ogni buon proposito e la pace gandhiana diventa una meta irrealizzabile, quasi un'ipotesi fiabesca. Ogni madre che si rispetti giudica candidamente il proprio figlio, il più bello ed il più intelligente. Al tempo stesso ogni madre normale sa bene che le cose non stanno "oggettivamente"
così. Lei stessa, del resto, può avere più figli e, come nei film, non sa scegliere. Questo conflitto tra assoluti non crea però problema perché l'intelligenza delle madri è di altro genere rispetto a quella logico-analitica a cui accennavo prima. Non è al di qua del principio di contraddizione, come reputa la stupidità maschilista, ma al di là di tale principio. Il loro amore presuppone ciò che l'intelligenza logico-analitica deve per principio escludere. Il presupposto di quell'amore è ciò che gli psicologi del Rinascimento chiamavano la "realtà" dell'infinito, il suo darsi "in atto" per il quale non possono esistere immagini di riferimento. Allora infinitizziamo, per forza con l'uso della fantasia, una sfera (rubo l'immagine alle riflessioni nel merito, di Cusano e Giordano Bruno). Diciamo, per comodità di pensiero, che quella è l'infinito! Che proprietà deve avere una sfera che sia infinita in atto? Scopriremo facilmente che "tutto" ciò che in una figura finita deve per forza essere distinto, nella stessa figura, una volta infinitizzata, quello stesso "tutto", perde ogni distinzione, viene paradossalmente a coincidere. Il centro, per esempio, sarà ovunque e, non potendo esserci due infiniti, il diametro infinito combacerà con la circonferenza della sfera anch'essa infinita. I muri dell'esclusione reciproca (o - o) crollano, l'aria si rinfresca e le madri possono amare ciascuno dei loro figli di un amore diverso e assoluto.