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RIFLESSIONE DELLA SERA, DAL NATALE ALL'EPIFANIA, IL TEMPO SOSPESO, LA FESTA E IL LAVORO,

Post n°8520 pubblicato il 20 Dicembre 2015 da psicologiaforense

Il post ideale deve essere contenuto in 20 righe. Però solo  per questa sera e solo a gentile richiesta scrivo qui  un intero articolo....  Prometto solennemente  di non  farlo mai  più, col fermo proposito di fuggire le occasioni prossime di cadere in questa  grave mancanza …..



LA FESTA E IL LAVORO

Lavorare e festeggiare si nutrono della medesima radice

Il tema, il significato e la funzione della festa ci presentano la complessità dei fenomeni di cui è fatta la realtà umana. Tutti abbiamo l'esperienza del beneficio che la nostra esistenza trae da quella sosta, da quell'espansione del proprio essere che significa festeggiare qualche avvenimento. Sappiamo che dal punto di vista psicologico vi è un modo interiore di vivere il tempo, sappiamo che la nostra esperienza della temporalità è doppia: da una parte troviamo il tempo oggettivo o cronologico, misurato dall'orologio,  che ha un carattere universale: è così  e non lo possiamo alterare. Dall'altra, il tempo patico o interiore che è il modo intimo di vivere il fluire dei fatti che avvengono nel trascorso della nostra vita.
Nella festa il tempo interiore è direttamente collegato con l'allegria, qualità emozionale che colma il soggetto in quei momenti: il tempo vola, come diciamo nel linguaggio comune, il tempo ha un ritmo vertiginoso, è una sequenza di piccoli “ora” che ci allacciano al futuro.  La meta di questa velocità temporale  è intrisa di avvenire. Ciò che ci lega all'avvenire è sempre la speranza; ecco perché l'allegria ci lascia intravvedere un futuro che recepiamo pieno di speranze,  capace di trasformarci positivamente e che ci permette di scoprire nuovi oceani le cui acque ci offrono una trasparenza nuova. Questa non è altro che una percezione interiore che ha alla base una struttura ontologica. Il tempo interiore ci rivela l'altro volto della vita.
Anche il tempo cronologico è toccato dalla festa; è in quei momenti che affiorano i migliori propositi di combattere l'impazienza. Aver pazienza è saper aspettare con calma, persino con dolore. Inoltre scaturisce la capacità di perseverare in ciò che abbiamo iniziato, sacrificando i possibili esiti immediati per ottenere beni e felicità più duraturi. Kronos e kairos impregnano in modo particolare l'atmosfera dell'uomo che si rallegra". Entrambi hanno un'importanza capitale a motivo della loro capacità di situare I'uomo dinnanzi alla propria storia. Ogni uomo non è altro che il suo passato; tuttavia
dall'equazione fra il passato e il possibile futuro che iniziamo a percepire nasce il presente, la realtà attuale inarrestabile e fugace. Il futuro è l'aspetto più potente e positivo della temporalità, significa sempre che siamo ancora capaci di porre le nostre speranze in ciò che sta per giungere. Tuttavia non si tratta di aspettare qualsiasi tipo di avvenimento bensì quelli che possono avere per noi un tono maggiormente grato e consolatore. E’ il futuro che ci muove, che ci riscatta dal letargo e ci innalza verso mete impensabili. L'uomo vive nella festa un'elevazione del proprio stato d'animo e un'espansione del suo ritmo interiore. Entrambe sono avvolte da una nota di dinamismo, di movimento che è veramente ristoratrice. La vita è movimento e azione. In questo senso si comprende che debba includere il ballo, la danza, la  musica, i canti ecc. Una vita armoniosa e coerente può essere articolata intorno a determinate feste. I preparativi di queste tonificano l'esistenza, la rafforzano, le danno maggior solidità, la proiettano. L'attenzione possiede così scopi concreti verso i quali dirigersi, punti di riferimento a breve scadenza. Da una prospettiva più profonda ciò che un'esistenza deve nutrire non è la festa in sé bensì il lavoro. Si può dire che lavorare e festeggiare vivano grazie alla stessa radice. Fra essi si stabilisce un'osmosi reciproca. Soltanto in una vita laboriosa e autentica può trovar posto una festa ed è possibile che venga vissuta in tutta la sua gradevole intensità. La laboriosità deve essere tracciata con autenticità, deve essere un lavoro coerente, pieno di significato. Non dimentichiamo che il lavoro può essere preso come un rifugio e che, quando questo atteggiamento diventa eccessivo, il soggetto si converte in nevrotico e la sua attività professionale, proprio perché è smisurata, lo aiuta a sfuggire dalle altre imprese che dovrebbe affrontare. È importante sottolineare questo punto per evitare malintesi. Talvolta si pretende contrapporre lavoro e festa. Secondo il mio parere fra entrambi vi sono molti punti di contatto, si trovano in esatta corrispondenza. Il lavoro che ha un significato riempie, appaga, si trasforma in una gioia profonda: è l'allegria di vivere come conseguenza del dovere compiuto, dello sforzo di avere raggiunto le piccole mete concrete che il lavoro ci permette di proiettare. Sforzo, lavoro, gioia, dedizione laboriosa: l'uomo laborioso ha innanzitutto la capacità di concentrarsi su un campo determinato, rinunciando ad altre attrattive che di certo gli si presentano.  Questa concretezza è una forza, è negazione di altri cammini e affermazione di quello scelto dopo una lunga riflessione personale. Quindi non domandarsi se il lavoro che si sta realizzando abbia un senso e al tempo stesso compierlo tenendo presente un determinato scopo che lo porta al di sopra del semplice piano del quotidiano, è come non avere la capacità di recepire profondamente ciò che significa vivere una festa, parteciparne davvero. Il festeggiare inoltre ci rivela le nostre zone profonde che erano rimaste celate fino a quel momento. È un po' come andare incontro all'essenza dell'uomo.  Questa essenza è collegata con ciò che Nietzsche chiama l'”eterno ritorno", con l'avvenimento ciclico che si inserisce nella nostra vita e l'abbraccia, avviandolo verso gli aspetti fondamentali dell'io non ancora esplorati a sufficienza. L'immagine del circolo può esserne il simbolo. La vita è vista come reiterazione, allo stesso modo che il ritmo della natura: il giorno è seguito dalla notte e viceversa. Il pensiero nietzschiano attribuisce un'importanza speciale alla pausa: il mezzogiorno, pausa in cui si percepisce l'impressione dionisiaca dell'eternità, in cui la vita si ferma e il tempo oggettivo non conta. L'uomo si sente realizzato pienamente e questa impressione soggettiva ha un sapore strano e particolare, profondo e grave, che penetra acutamente. Il tempo si è fermato, non ha più importanza come fattore della propria storia.  Da questo, secondo Nietzsche, emana il superuomo, idea non troppo chiara nell'aspetto genetico, che presenta un profilo poco nitido. Percorrendo questo sentiero, a volte molto sdrucciolevole, si può arrivare a una ipertrofia festosa che perde il suo significato e sbocca nella frivolità assoluta oppure in un tipo di condotta che è molto più prossima alla patologia maniacale e ipertimica. La festa può, in un momento determinato, venire inquadrata nella psicopatologia, quando perde il suo significato più genuino e viene viziata, convertendosi in una stereotipia in cui l'uomo è incapace di trovarsi con altri uomini e con se stesso; si sommerge nella fantasia dionisiaca del momento, che lo porta a un tipo speciale di contatto umano: un contatto preindividuale e anonimo. Quale deve essere la disposiziole-animica verso la festa? Heidegger parla del Grundbefindkichkeit come una forma di preparare il cuore, la vita affettiva in vista della festa. Ecco perché è importante preparare interiormente la festa,  far sì che la vigilia renda già presente l'avvenimento che si avvicina. La preparazione migliore è anche quella di aver cura che gli sforzi concreti della vita quotidiana non vengano meno bensì che  raggiungano gli scopi previsti, ponendovi tutta l'anima e i cinque sensi. Allo stesso tempo dobbiamo lasciarci pervadere dal sentimento della festa. La vita frettolosa, che non permette alcuna sosta, che non aiuta a conservare la capacità di sorpresa dinnanzi alle cose nuove che si presentano, impedisce che questa fase previa si compia come dovrebbe. E così la festa giunge  all'improvviso, ci prende alla sprovvista, ci pone  un'attività carica di preoccupazioni passate e future; in tali circostanze l'uomo è incapace di godere, di estrarre un frutto positivo. Tuttavia può svagarsi cioè deviare la sua attenzione, eccessivamente colma di contenuti, verso aspetti ed esperienze diversi dagli abituali.
Nelle celebrazioni natalizie la festività ha sfumature proprie, cariche di solennità. In queste ogni gesto ha un tono speciale: più stilizzato, più posato… ogni gesto ha un proprio simbolismo che fa risaltare un aspetto specifico di ciò che si sta celebrando. La festa ha infine una funzione pedagogica. Evitiamo l’isolamento la fuga facile verso i luoghi dove si perde il contatto umano. Non dimentichiamo almeno a Natale che una delle imprese più difficili per  l’uomo è il rapporto sociale: quella relazione di interscambi ideologici ed affettivi che smussano gli spigoli della nostra personalità e al tempo stesso ci mostrano la varietà di opinioni che esistono tra gli uomini di diversa cultura e di diversa provenienza.

 
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