MARCO PICCOLO

DINO E' STATO ABBATTUTO, UNA STORIA HORROR E INCREDIBILE, CRUDELTA', TERRIBILE AGONIA DAL 2009 AD OGGI,NESSUNO PAGHERA',


QUESTA CRONACA PUO' TRAUMATIZZARE CHI E' PARTICOLARMENTE SENSIBILEUcciso, dopo inenarrabili sofferenze, perché nessuno aveva voluto spendere 400 euro
 La morte di un orso non è mai banale, specialmente se non avviene per cause naturali. Ha sempre una storia dietro, una causa umana.Dino è morto perchè quando è stato catturato a Fiera di Primiero (Trento), il 10 ottobre 2009, gli fu applicato un radiocollare senza il "drop off", il dispositivo di sgancio automatico a tempo che fa sganciare il radiocollare perchè l’orso cresce e il collare lo "strozza". Il "drop off" costa circa 400 euro evidentemente troppi per noi.Dino è cresciuto e ha sentito netta la stretta al collo, ha cercato di strappare quell’impedimento con le unghie. Ma le unghie dell’orso sono come coltelli affilati, si è ferito, il collare è penetrato nella carne, il pelo è cresciuto sopra, creando la situazione ideale per un’infezione. Intanto Dino aveva imboccato la strada per la sua terra d’origine, la Slovenia. Una puntata sul Grappa, una visita a Boscochiesanuova, un bel soggiorno sull’altipiano di Asiago. Lasciando tracce vistose: galline e pecore predate, una decina di asini uccisi, qualche impronta, qualche avvistamento, qualche incontro ravvicinato con l’uomo.Aveva attraversato il Cadore, era entrato in Carnia, si era fatto ritrarre da una fototrappola a Tarvisio, di notte. Era il 2 giugno 2010. Un po’ ha girato per il tarvisiano, un po’ è sconfinato nel parco del Triglav, in Slovenia. Tra queste località si è preparato al letargo, trovando facilmente cibo nelle foreste a cavallo del confine, anche se inghiottire era diventato ormai un supplizio. Al risveglio ha sentito forte l’esigenza di andare altrove, di cercarsi un altro territorio. Sempre con quella stretta al collo. Con una fame arretrata dall’inverno, con il dolore che serra la gola. La ferita era ormai infetta, stava andando in necrosi. Non sapeva più come liberarsi. Strappare con le unghie il collare voleva dire sentire lancinanti dolori al collo. Allora cercava di sbattere la testa contro qualcosa di duro, roccia o muro che sia. Nulla. Solo ancora più dolore. Da impazzire. E chi lo vedeva aggirarsi per la foresta di Lubiana lo credeva proprio pazzo. Emaciato, barcollante, l’aria estremamente sofferente, i continui lamenti l’avevano fatto etichettare come "problematico". Che fare?  L’unica soluzione, hanno pensato gli sloveni, era sopprimerlo, evitargli ulteriori sofferenze. Un colpo preciso, un fremito di vita che si ferma nella calma della morte. Così Dino ha finito il suo peregrinare.«Hanno ucciso Dino, il nostro simbolo - dice sconsolato il direttore del parco delle Dolomiti bellunesi, Nino Martino - Lo avevo "battezzato" io due anni fa, in omaggio a Dino Buzzati, lo scrittore molto sensibile e attento agli aspetti della natura».FONTE: IL GAZZETTINO