MARCO PICCOLO

BIMBO UCCISO DA UN VASO, ROMA, DONATI ORGANI, NESSUN INDAGATO, DESTINO, FATALITA', RACCONTO DELLA MADRE, FOTO


Siete fatalisti? Ritenete che la vostra vita sia in balìa di una forza superiore, o del destino? Siete convinti della vostra impotenza di fronte agli eventi, certi di non poter fare altro che rassegnarvi? Magari avete sempre dato per scontato che gli eventi della vita abbiano un margine inevitabile di ineluttabilità ? Questa vicenda milita a favore del vostro convincimento.IL DESTINO HA SEMPREL'ULTIMA PAROLA? BIMBO UCCISO DA UN VASO CADUTO, IL RACCONTO DISPERATO DELLA MADRE. DONATI GLI ORGANI.
 Ha ancora in mano la busta di Cisalfa, mamma Elisabetta . Dentro, le scarpe da calcio appena comprate per il suo bambino. È lì, ritta e immobile fuori dal pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni, il dolore la avvolge. Esile, bionda, due occhi di un verde trasparente, così tristi e profondi che paiono due pozze di acqua scura, su quel volto pallido. Non si dà pace e ripete tra sé e sé: «Dio chiama gli angeli». Con lei l’altro figlio, un bimbo di 5 o 6 anni. Sembra un piccolo uomo, composto, silenzioso, non lascia la mamma nemmeno per un secondo. E poi un’amica e un’altra coppia di amici, genitori del migliore amico di Christian, sono intorno a lei a semicerchio, la proteggono. «Stavamo tornando a casa a piedi tutti e tre insieme, su via Appia – racconta – improvvisamente ho sentito un botto, Christian era a terra, ho gridato». Elisabetta non capisce più nulla. Un’amica è in un negozio lì accanto, sente delle urla ed esce. In terra, il corpo senza conoscenza di Christian Giacomini, 13 anni, tra due giorni avrebbe ricominciato la scuola. E oggi avrebbe iniziato a giocare a calcio. Era il suo sogno e per questo era uscito con la mamma e il fratellino a comprare gli scarpini. E’ ricoperto di sangue, tantissimo sangue sull’asfalto. I soccorsi arrivano rapidi: «Forse cinque, forse dieci minuti, mi è sembrata una vita, attimi interminabili». Poi la corsa in ospedale, il suo bambino in terapia intensiva. Elisabetta scoppia a piangere, si copre il volto con una mano. «Quando hai figli devi essere sempre attenta, vivi nella paura che possa succedere loro qualcosa, ma come fai a prevedere questo. Come proteggerlo da una cosa del genere?». Si fa convincere a lasciarla, quella busta delle scarpe diventata troppo pesante. Improvvisamente, senza dir nulla, si dirige verso la porta a vetri che la separa dal suo bambino a passo veloce e leggero. Esce dopo una decina di minuti, con lei ora c’è suo marito. L’uomo ha gli occhi gonfi e arrossati, le labbra pallide. Poche informazioni sulla salute del figlio. Sanno che si trova tra la vita e la morte. Il fratellino di Christian ha visto tutto, ha sentito il botto, poi il silenzio, i fiotti di sangue, la tragedia sul volto della madre. Non piange, non parla. «Stai tranquillo – lo accarezza sorridendo l’amica della mamma – tuo fratello ha la testa dura». Ma Christian non ce l’ha fatta. Un vaso caduto da un cornicione gli ha rubato il futuro. I suoi organi regaleranno la vita a tre persone.  Per la morte di Christian Giacomini al momento non ci sono indagati. La polizia sta svolgendo accertamenti tecnici disposti dalla Procura per capire come sia potuto precipitare il recipiente di terracotta che conteneva una pianta, trasformandosi in un proiettile letale per il ragazzino. Nell'appartamento di via Appia Nuova dal cui balcone è caduto il vaso al momento dell'incidente sembra non ci fosse nessuno e non ci sarebbero testimoni, se non quelli in strada che hanno visto il 13/enne colpito alla testa e poi agonizzante. La casa è momentaneamente abitata da una donna. Sarà incriminato il proprietario.