TANTI AUGURI? SI'... MA PERCHE'?
La parola “AUGURIO” contiene l’immagine di un personaggio sacrale degli antichi popoli italici e dei Romani: quella del sacerdote, chiamato appunto “ÀUGURE”, che aveva il compito di predire l' esito di un impresa oppure di un' azione pubblica o privata e comunque di svelare il valore di un avvenimento osservando e interpretando il volo degli uccelli. La distanza storica di questa pratica divinatoria dal nostro tempo è immensa. Tuttavia nel fare gli auguri, sia quelli che si formulano in occasioni festive solenni come il Natale o la Pasqua, sia quelli che si rivolgono a una persona in un giorno per lei significativo come il compleanno o l' anniversario di nozze, è rimasto qualcosa della trepidazione e della speranza che il responso degli antichi sacerdoti fosse favorevole, che il futuro non riservasse cattive sorprese, che le aspettative di una persona cara andassero a buon fine. L' augurio, dunque, oltre che esprimere gioia, felicitazioni, celebrazione di un evento presente, incarna anche un atteggiamento di proiezione positiva verso il futuro e mantiene ancora queste connotazioni sentimentali e psicologiche. Dal punto di vista sociologico, poi, va interpretato come una delle formule di cortesia che dettano le regole non scritte della convivenza e come un segno di quella "EMPATIA" che dà al nostro essere uomini la garanzia di un'identità comune.