MARCO PICCOLO

RIFLESSIONE DELLA SERA, RACCOMANDATI, STIRPE MALEDETTA, BACIO DELLA MORTE, MAL DI MERITO, CLIENTELISMO,


E se proprio la raccomandazione fosse la chiave, o almeno una delle chiavi, per introdurre la meritocrazia nel nostro Paese? La raccomandazione, come l'abbiamo intesa finora in Italia, gode, meritatamente, di una pessima fama. Talora si è tradotta in una lettera anodina di un potente che, gentile eufemismo, «segnala» il nominativo di persona a lui spesso sconosciuta, o quasi, cui viene inviata copia perchè, in caso di successo, entri a far parte della clientela dell'elettorato del raccomandante.....MI RACCOMANDO....
Qui da noi, il pezzo di carta più utile non è la laurea, ma una  bella raccomandazione. La prevalenza della spintarella non è folklore o semplice malcostume: soffoca la meritocrazia, blocca la mobilità sociale e dà fuoco alle polveri della guerra tra generazioni.  Però proporre l'abolizione della raccomandazione sarebbe velleitario e forse nemmeno utile. Proviamo, invece, a guardarci intorno; in particolare agli Stati Uniti dove la meritocrazia non è solo retorica. Ormai da decenni, i principali istituti universitari post laurea - quelli che aprono le porte delle grandi carriere, pubbliche e private, americane - annoverano tra i propri strumenti di selezione proprio le raccomandazioni. Ma di che tipo? Oltre a presentare il proprio curriculum, ogni candidato chiede alle tre persone che meglio possono attestare le sue qualità di compilare un questionario prestampato (particolare non insignificante). Le domande sono sempre le stesse. In primo luogo l'ente in questione vuole accertare il livello e la natura della conoscenza che il raccomandante ha del raccomandato. E poi colui che raccomanda dovrà compromettersi per iscritto con un giudizio comparato («collochereste il candidato tra i migliori 5, 10, 20, 30% dei vostri studenti o dipendenti?») delle caratteristiche del candidato. Il trucco, se così si può chiamare, è quello di responsabilizzare il raccomandante. Immagino i sorrisetti cinici che questa apparente ingenuità possa suscitare tra i «furbi» di casa nostra. L'aspetto forse più interessante della raccomandazione americana è che viene conservata agli atti. Dopo qualche anno, con qualche clic di computer sarà semplice correlare le raccomandazioni con le prestazioni dei raccomandati, con un implicito giudizio sul raccomandante. Se il suo protetto avrà dato cattivi risultati, le sue future raccomandazioni potrebbero addirittura diventare baci della morte. D'accordo. L'America non è l'Italia, ma c'è qualcosa da imparare? O no?