MARCO PICCOLO

LA SENTENZA DI CASSAZIONE, VIETATE AVANCE IN UFFICIO, SU SESSO E SESSUALITA' NON SI SCHERZA, CONDANNATO POSTINO


Ultima ora. Vietate le avance in ufficio (anche quelle per scherzo) Condannato dipendente delle Poste che aveva dato, ridendo, della pornodiva alla collega "vamp". Per i giudici è reato: si tratta di ingiurie o peggio... Cassazione: "Stop ad avances in ufficio", pena la condanna  e il risarcimento del danno
 Se due colleghi, un maschio e una femmina, tra il serio e il faceto,  scherzano tra di loro con battute erotiche, allusive o riferite alle loro condotte sessuali  e se la donna risponde con un sorriso alla condotta scherzosa del collega questo non autorizza affatto un altro collega  a ritenere che anche le sue battute debbano essere  tollerate, o addirittura gradite. E l'uomo va condannato ad una multa (400 euro) e al ristoro dei danni da quantificarsi in sede civile (richiesti 50.000 euro)
NOTA INTEGRATIVA In ufficio niente avances, complimenti pesanti  ed epiteti ingiuriosi nei confronti delle colleghe. E il fatto che si tratti di scherzo non è un'attenuante. Lo ha stabilito la Cassazione annullando con rinvio una sentenza con cui il tribunale di Massa aveva assolto "perché il fatto non costituisce reato" un dipendente delle Poste che aveva rivolto a una collega l'epiteto di "pornodiva". Per la Suprema Corte, non ha importanza se l'apprezzamento viene rivolto in un clima di "ilarità" e di "scherzo": si rischia una condanna per ingiuria. L'imputato in primo grado era stato condannato dal giudice di pace a pagare 400 euro di multa e a risarcire i danni alla collega offesa, ma in appello, il tribunale aveva ribaltato la sentenza, pronunciando l'assoluzione, ritenendo che si fosse trattato di una "condotta scherzosa". La quinta sezione penale della Suprema Corte ha, invece, accolto il ricorso della parte civile rilevando che il fatto che "una donna possa tollerare delle avances più o meno tra il serio e il faceto non comporta affatto che ella si debba considerare disposta a farsi prendere a male parole, così come, ancor prima, l'avere risposto con un sorriso alla condotta scherzosa di un collega non autorizza affatto un altro uomo a ritenere che le sue battute siano altrettanto tollerate, o addirittura gradite". L'imputato, infatti, si era difeso sostenendo che la sua 'battuta' fosse stata pronunciata nell'ambito di un "clima  di ilarità" che si era creato nell'ufficio, dopo che alla collega erano state rivolte avances con tono scherzoso da altri uomini presenti, a cui lei aveva risposto sorridendo.