MARCO PICCOLO

BELEN RODRIGUEZ COME ANGELINA JOLIE?, MOLTE DONNE HANNO SVUOTATI I SENI PER EVITARE IL CANCRO, PREVENZIONE ESTREMA


Sono numerose le «Angelina Jolie»  italiane. Donne dai 35 ai 50 anni che, pur sane, hanno scelto di sottoporsi a una mastectomia bilaterale, cioè di farsi «svuotare» entrambi i seni poi ricostruiti con protesi, per abbassare il rischio di cancro. Come l’attrice, si tratta di persone con familiarità alla neoplasia, che ne ha colpito mamme e sorelle, e risultate positive ad un test capace di individuare le alterazioni dei geni Brca 1 e Brca 2 ...EFFETTO ANGELINA JOLIE
Mentre Belen Rodriguez non ha escluso la possibilità di giungere, in proiezione futura, ad  una scelta coraggiosa come quella di Angelina Jolie, sul caso di quest'ultima è intervenuta, con la lucidità di sempre, la mia amica Alessandra Graziottin  che si chiede:  Meglio togliere un organo, per quanto importante e simbolico come il seno, o tenerlo rischiando di perdere la vita? Angelina Jolie, splendida icona planetaria di bellezza e sensualità, 37 anni, ha scelto la vita. Giusto! Di fronte a un rischio dell’87% - geneticamente determinato - di avere un cancro al seno, Angelina ha scelto la mastectomia bilaterale, che non lo azzera ma lo porta ad un più accettabile 5%. Il suo rischio di cancro era concreto, perché portatrice di una variante del gene BRCA-1 che aumenta il rischio di avere un tumore al seno aggressivo e spesso fatale. Di cancro mammario, a 56 anni, è morta anche sua madre, portatrice dello stesso gene, cui il tumore era stato diagnosticato circa dieci anni prima. Se si considera che un carcinoma di un centimetro cubo (“piccolo”) contiene circa un miliardo di cellule ed è iniziato circa 5-8 anni prima della diagnosi clinica (a seconda del tempo di moltiplicazione delle cellule tumorali), la scelta di Angelina è stata “just in time”. La ammiro per averlo dichiarato al mondo. Perché ha reso pensabile, ipotizzabile, fattibile, una scelta difficile e per molte angosciante, qual è la mastectomia bilaterale.Moltissime altre donne, portatrici dello stesso gene o di altri che conferiscono un alto rischio (BRCA-2, Tp53), o un rischio moderato (Check-2, Pten, Atm) penseranno: “Se l’ha fatto lei, così bella e sensuale, così giovane e così star, posso farlo anch’io!”. “Se lei non si sente meno donna, allora potrei viverlo bene anch’io!”. “E la diagnosi precoce?” diranno in molte. “Perché fare un intervento così drastico? Non resto comunque tranquilla se mi faccio controlli senologici periodici, con eco e mammografia annuale?”. Attenzione: Angelina (e i suoi oncologi che l’hanno così ben consigliata) ha intercettato il rischio, evitandolo quasi totalmente: togliendo la ghiandola mammaria ha fatto una prevenzione primaria. Così si è salvata la vita, ma anche la possibilità di fare, in futuro, cure ormonali dopo la menopausa per preservare al meglio cervello, salute globale e bellezza.  La diagnosi precoce, anche di un tumore piccolo, è invece prevenzione secondaria: il rischio cancro si è già realizzato perché il tumore maligno c’è già. A quel punto si cerca di limitare i danni. La questione non è solo dimensionale. Nel momento in cui si ha la diagnosi di tumore, si dovranno fare cure complesse: non solo la chirurgia ma anche la radioterapia locale; cure “antiormonali”, di vario tipo e durata a seconda dell’età e dello stato menopausale (inibitori dell’aromatasi, tamoxifen, analoghi), oppure chemioterapiche in caso di assenza di recettori ormonali nelle cellule tumorali. Cure lunghe e pesanti. E, dopo la menopausa, la donna non potrà più assumere ormoni amici (estrogeni, progesterone, testosterone, DHEA), trovandosi a subire tutti i sintomi di un’assenza ormonale che spesso sono di intensità devastante. Chi può considerare l’intervento profilattico di mastectomia bilaterale? L’American Society of Clinical Oncology (Asco) indica: le donne che abbiano tre o più casi di carcinoma mammario in famiglia prima dei 50 anni; oppure due o più casi di carcinoma al seno e uno o più all’ovaio (c’è un rischio geneticamente determinato in comune); avere due sorelle entrambe con carcinoma mammario prima dei 50 anni; donne con tumori in età giovane (circa il 25% dei cancri mammari compare prima dei 50 anni) e/o bilaterali; o un tumore al seno in un maschio di famiglia. Aggiungo anche le donne con lesioni a rischio istologicamente documentate (per esempio carcinomi in situ) che vogliano fare in pace le cure ormonali per la menopausa. Opzione di fatto impossibile in Italia, in netta crescita negli Usa. Ma una donna che sia ben seguita dal punto di vista oncologico, chirurgico e psicologico, potrà ben decidere che cosa fare del proprio corpo? Anche togliere il seno e farsi una bella protesi, se preferisce scegliere la vita.