MARCO PICCOLO

PSICOLOGIA, DISTURBI PSICHICI, NEVROSI, ANSIA, DEPRESSIONE, QUESTA E' PROPRIO UNA BELLA PSICOTERAPIA (CHE IO NON SO FARE)


La collega che cura le scimmie con tavolozza e pennelli Mariangela Ferrero, la psicoterapeuta torinese, al lavoro nel centro di recupero in Uganda : "Le aiuto a cancellare i loro traumi" VITA EMOTIVA DELLE SCIMMIE
La bravissima ANTONELLA MARIOTTI oggi, con la nota sensibilità che la contraddistingue,  richiama la nostra attenzione su una esperienza significativa e suggestiva  sulla cura dei nostri fratelli minori:   «Hanno ucciso mia madre. E l’hanno uccisa per prendere me». Michael aveva più o meno 10 anni, non molti per un gorilla, e quando ha capito che poteva comunicare con l’«Asl» (l’acronimo di American sign language, vale a dire la lingua
dei segni) è andato dalla sua «terapeuta», l’ha presa per il camice e le ha raccontato il giorno del suo rapimento. «Continuo a sentire gli spari. Di notte vedo ancora tagliare la testa a mia madre».  Micheal è morto qualche anno fa. Ma ci sono tante altre scimmie antropomorfe con un passato di traumi e violenze che vengono assistite e accompagnate verso una nuova vita in libertà nel Centro di recupero «Ngamba Island Chimpanzee Sanctuary» in Uganda. Qui, per una parte dell’anno, lavora come «psicoterapeuta» anche Mariangela Ferrero, che per professione cura il disagio umano a Pinerolo, vicino a Torino, e che nel cuore dell’Africa segue i primati. Tanto da aver messo a punto il programma «Pme», «Picture making emotional enrichment». «Come per gli umani – racconta – la pittura aiuta i primati a recuperare un rapporto con gli altri simili della propria specie, tornando così a una nuova vita in libertà».  Proprio come noi umani tutte le scimmie
antropomorfe sono in grado di dipingere, anche se non tutte sono «pittori». «Alcune però - spiega la psicoterapeuta - capiscono che il materiale che offriamo loro serve per dipingere e ne sono incuriosite. E, quando finiscono un lavoro, danno un titolo a quel particolare dipinto. Anche dopo anni lo ricordano e non ne cambiano il significato».  Se il rapporto dei primati con la pittura è noto, quello che Mariangela Ferrero porta avanti è l’uso della pittura per il recupero emotivo, come a volte accade per gli esseri umani. «Il “Pme” ha dato risultati molto interessanti, sia per quanto riguarda il miglioramento del benessere psico-relazionale - spiega - sia per la stessa produzione pittorica». Due sono le ragioni che hanno convinto la psicoterapeuta a portare avanti il progetto. «Una ha a che vedere con l’entusiasmo, l’altra con la speranza. Nel mio secondo giorno di lavoro a Ngamba Island, Pasa, una scimpanzè adulta molto gentile e paziente, dopo aver osservato la prima sessione del “Pme” in compagnia di una sua ”collega”, ha deciso di fermarsi nella struttura in muratura per trascorrere la notte, rifiutandosi di tornare come sempre nella foresta. Si è opposta a ogni tentativo di farla uscire. Poi, quando il personale ha desistito, Pasa mi ha chiamato, facendomi capire che voleva dipingere».  C’è anche il caso di Medina: «È un piccolo scimpanzè di cinque anni, dolce e timida, che era spesso ripiegata su di sé nella quotidianità del gruppo e in difficoltà a manifestare i propri bisogni, a chiedere attenzioni su di sé e a partecipare ai giochi delle coetanee. Anzi. Era sempre preoccupata e proteggeva il proprio cibo. Medina, però, ha un particolare talento, tanto che utilizza tecniche complesse nella sperimentazione pittorica». Nel medesimo quadro usa infatti sia i pastelli a cera che le tempere. Inoltre piega e accartoccia il dipinto per ottenere un’opera tridimensionale «Alla fine - racconta Mariangela Ferrero - si sofferma ad osservare il risultato. È la migliore pittrice tra i partecipanti al “Pme”. La pittura le ha permesso di superare i traumi dell’infanzia, e ora ha un rapporto migliore con tutti gli altri scimpanzè».  
Il progetto «Pme», però, ora rischia di fermarsi: «Abbiamo bisogno di fondi per proseguire. Io lavoro gratis ma servono strutture e materiali. La salute psichica degli animali è importante quanto quella fisica. Esattamente come accade per gli umani».