MARCO PICCOLO

L’ULTIMA MANIA, SINDROME DI FOLO, PAURA DI VIVERE SCONNESSI, VITE ON LINE, SELFIE SEXY E NON


L'ultima manìa:  provarsi un abito e fingersi modelle su Facebook  Le nostre vite sono sempre più on line e viviamo nella paura di vivere sconnessi. Così moltiplichiamo la presenza in Rete con scatti e autoscatti....   IL TERRORE DI VIVERE SCONNESSI
  Inconsuete più che misteriose le relazioni off line-on line, cioè tra realtà dal vivo e presenza sul web, che quotidianamente entra­no nelle nostre vite. E che
stravolgono vecchi comportamenti o ne creano di nuovi. Anche inconsapevoli e non solo di consumo, ma sempre sorprendenti. Come nel caso che ha per protagoni­sti principali gli adolescenti, soprattut­to femmine (non necessariamente fa­shion victims, cioè vittime della moda), e come oggetto il selfie applicato all'ac­quisto di capi di abbigliamento, com­presa la biancheria intima.  Mi riferisco al diffondersi della ten­denza a fotografarsi davanti a uno specchio o nel camerino di uno store alla moda  e postare immediatamen­te la foto su Instagram piuttosto che Facebook. E così facendo continua­no a provarsi altri capi di abbigliamento non  per comprarli, ma giusto per farsi altri selfie, postarli sui social network e
attendere i primi commen­ti. Prove d'abito, come se si fosse su un set o in passerella: esibizionismo da vip a poco prezzo. Ma molto gratifi­cante e in linea con la convinzione che un abito, così come un piatto ordinato al ristorante o cucinato a casa, o una visita al museo, non sono "consumati" sino a quando non vengono condivisi in rete.  Le nostre vite sono sempre più on li­ne, pervase dalla sindrome emergente di FOLO (Fear of life off line cioè “pau­ra di vivere sconnessi”). che consiste nel bisogno ossessivodi condividere on line l'esistenza quoti­diana con scatti e autoscatti. L'anno scorso in Italia ci sono state 3,3 miliardi di condivisioni, ovvero cinque milioni al giorno, 3.572 al minuto. Tornando ai selfìe nei camerini, dif­fusi soprattutto tra le ragazzine, prefe­ribilmente in coppia con un'amica, si fa strada un'altra  “usanza”. Quella di lavare sempre gli indumenti nuovi, appena comperati, prima di indossar­li. Una pratica resa  obbligatoria dalla diffusione di mercatini, di negozi dei cinesi e super store di moda economi­ci (come i sopracitati brand). Due le ra­gioni principali: igienici e di pregiu­dizio razziale. Non si contano, infatti, le leggende metropolitane sugli indu­menti cinesi o pakistani avvelenati o ustionanti. Ma questa specie di fobia del nuovo di nome ma (stra)usato di fatto, perché passato per decine di ma­ni, dalla fabbrica al magazzino, per poi arrivare in negozio ed essere indossa­to e provato da chiunque, ha subito col web una potente accelerazione. “NUOVO? NO: LAVATO CON PERLANA”. Era un famoso claim pubblicitario che ritorna di grande attualità. Sia pu­re completamente stravolto. Un capo d'abbigliamento ora è nuovo, infatti, solo se lavato. E naturalmente solo do­po essere stato postato.