MARCO PICCOLO

NON MI TANGE, CON IL PROSCIUTTO SUGLI OCCHI, TANGENTOPOLI 25 ANNI DOPO, È SOLO QUESTIONE DI STILE...ITALIANO!


“Regalo” ci permette – più di “tangente” – di capire come mai i corrotti si sentano quasi offesi, quando sono beccati con le mani nel sacco, e come mai la corruzione appare invincibile. La parola rimanda a “ciò che è dovuto al re”, al favore regale, alla consuetudine antica del do ut des. E mostra che le democrazie fragili sono aggregati di piccole monarchie, ciascuna coi suoi sudditi educati alle regalie....ALLA FINE DELLA FIERA
 Perché chiamarle  “tangenti”, "bustarelle"  o “mazzette”?  È  così volgare, grossier, rozzo, proprio da parvenu… Perché invece non chiamarle con il loro nome? REGALI!  Le prime  tre parole (tangenti/mazzette/bustarelle) hanno un significato obsoleto, triste, infamante…  mentre la quarta ha un suono di festa innocente e ricorre in frasi a discolpa, tipo: non era una mazzetta, era un regalo. La tangente confina con quei cesti pieni di ogni ben di dio che ancora oggi – a Pasqua, a Natale, in occasione di nozze delle figliolanze – affollano l’ingresso delle case di chi conta? Assolutamente no!   Solo i malpensanti la chiamano corruzione, per i benpensanti invece è esclusivamente  una prassi millenaria di omaggio a chi è importante.  Noi gente onesta, facciamo spesso e volentieri regali per disobbligarci, e, per questo,  ci sporgiamo senza rendercene conto sulla cultura della mazzetta? MA QUANDO MAI?