MARCO PICCOLO

QUANDO LA FESTA È FINITA, LAVORO, 2 MAGGIO, RIFLESSIONE DELLA SERA


La grande festa si è conclusa, si sono spente anche le ultime note del concertone, le ultime parole gridate delle promesse, dei proclami roboanti. Cosa resta? PIENA DISOCCUPAZIONE
Terra mare e cielo sono trasformati da un lavoro sempre più tecnologicamente raffinato, che li rende capaci di rispondere ai bisogni crescenti dell'umanità. Quindi all'interrogativo «benedizione o maledizione?» la rispo­sta appare ovvia: il lavoro è una benedizione di Dio...
Però c'è anche il rovescio della medaglia: quale prezzo - non so­lo economico ma anche umano - hanno richiesto le conquiste otte­nute? Quanti sono ad accomodarsi alla mensa del progresso, e quan­ti gli esclusi? La risposta è inquietante. Ai due terzi del genere umano, dal più al meno, arrivano solo le briciole delle risorse accumulate, mentre un terzo dispone della quasi totalità del potenziale energetico e dei manufatti. Squilibrio spaventoso, segno «demoniaco» di una società che divide e sperpera, e si rivela - nonostante i grandi progressi del­la tecnologia - incapace di colmare la profonda frattura Nord-Sud che divide i paesi del benessere da quelli del sottosviluppo. Ma c'è di più. Se si guarda con attenzione al mondo degli uomi­ni curvi sul banco del lavoro, viene da domandarsi quanti di essi, nonostante la buona volontà personale, non riescono a entrarvi.
È il problema, sempre gravissimo, della disoccupazione. E coloro che riescono a prendervi parte, in che situazione si tro­vano? Esiste una proporzione fra ciò che essi hanno e donano alla società e ciò che ricevono, non solo in termini di salario, ma anche in termini di gratificazione personale, di auto realizzazione? Molti sono indotti a rispondere di no. Infatti il lavoro moderno, ridotto in briciole, in piccole opera­zioni sempre uguali, è sì diventato meno faticoso in senso fisico per­ché ormai le macchine e i robot elettronici si addossano il peso del­la fatica, ma risulta poco soddisfacente, e quindi più pesante, sotto il profilo psicologico. La grande impresa è diventata una macchina gerarchica dove il lavoratore è ridotto a una rotella.