MARCO PICCOLO

RIFLESSIONE DELLA DOMENICA, UNA PAROLA PER LA VITA


Ci avviciniamo a novembre che, nell’immaginario collettivo, è il mese dei morti: compaiono lumini rossi nei supermercati, le zone intorno ai cimiteri si congestionano di traffico. Venditori più o meno autorizzati si improvvisano fiorai. Forse anche perché la nostra età avanza e forse anche perchè tutti oggi conosciamo molta gente, la morte ci incalza, la sua impudente prepotenza ci travolge  e va a finire che guardiamo alla vita solo a partire dalla morte. Sorella morte, è vero, ma non per questo meno impegnativa, spesso inattesa, a volte ingiusta. Novembre però è il mese dei morti, non della morte, ci chiede  cioè di ripercorrere la trama della nostra vita  a partire dalle relazioni e dagli affetti, coloro che non ci sono più ci sono stati e soprattutto ci sono stati per noi. Anche la nostalgia che nasce dalla loro assenza ci ricorda che ci sono stati, hanno fatto parte della nostra vita. I cimiteri dovrebbero  insegnarci a celebrare la vita, non quella generica ma la nostra vita perché i nostri morti ci aiutano a fare memoria di quanto abbiamo avuto.  Spesso è meno di quanto avremmo voluto perché siamo avidi di vita. Ciascuno dei nostri morti è stato però per noi, comunque, nella buona e nella cattiva sorte,  presenza, appello, dono. E quello che il grande teologo  Karl Ranher chiamava “Dio dei miei morti” sarà davvero,  come lo invoca il libro biblico della Sapienza, "il Signore amante della vita".