MARCO PICCOLO

L'INTERVENTO SULLA CRISI EMOTIVA


MOLTISSIMI BLOGGERS MI HANNO POSTO QUESITI IN TEMA DI "CRISI EMOTIVA" (DERIVANTE DA ABBANDONI, PERDITE, MALATTIE, SEPARAZIONI... ECC... ). SPERO DI COMPENDIARE IN QUESTO UNICO POST UNA RISPOSTA DI CARATTERE GENERALE "UTILE" PER TUTTI. «Essere in crisi» e un'espressione entrata nel linguaggio comune, ma an­che se ciascuno di noi ha una sua idea di cosa significhi, pur tuttavia ne risulta difficile una definizione. La parola «crisi» viene intesa come rottura di un equilibrio, con una connotazione negativa (crisi personale, crisi economica, crisi politica ecc.), mentre in  psicologia fa pensare a una modificazione nel corso di un “disagio psichico” che può compor­tare uno sviluppo in peggio o in meglio. Per Jaspers la crisi è «un momento in cui tutto subisce un cambiamento subitaneo, dal quale l'individuo esce trasformato, sia dando origine a una nuova soluzione, sia andando verso la decadenza». Caplan ne parla come di «una condizione indotta nella persona che dinnanzi a un ostacolo insormon­tabile, è incapace di raggiungere i suoi obiettivi esistenziali primari attraverso l'uso dei suoi abituali metodi di soluzione dei problemi».Secondo la mia personale esperienza, alla base di ogni crisi emotiva c’è una profonda sofferenza in relazione a una perdita di sicurezza, a un sentimento di impotenza, stabilitosi acutamente o lentamente e silenziosamente preparatosi, di fronte a pericoli esterni o interni che non si riesce a padroneggiare, e di cui la minaccia per la propria vita rappresenta l' esperienza fondamentale ed estrema.Vari sono i sentimenti provati, di disperazione, ansia, paura, rabbia, ma anche di speranza e deside­rio, un tutto difficilmente combinabile che si traduce in una esperienza cen­trale di impotenza e di vicolo cieco che diventa intollerabile. La crisi emotiva può essere in diretta relazione a circostanze esterne parti­colarmente traumatizzanti. Queste sono rappresentate da catac1ismi naturali, terremoti, incendi, cata­strofi, incidenti, ma anche le vittime di aggressioni, furti, violenze, stupri, rapimenti, stalking  sembrano essere particolarmente esposte alla crisi, come pure i membri di gruppi emarginati quali minoranze razziali, religiose, le persone economicamente disagiate, e tutti quelli che sono sottoposti a una pressione espulsiva da parte della società. Così le situazioni esistenziali critiche, IL LUTTO, LA PERDITA DEL LAVORO, I DISTACCHI, IL DIVORZIO, IL PERICOLO DI MORTE, O LE MALATTIE FISICHE, E ANCHE ALCUNI PASSAGGI DELLA VITA SONO A RISCHIO, COME L'ADOLESCENZA, LA MATER­NITA’, LA PATERNITA’ E LA VECCHIAIA. Fortunatamente il più delle volte la crisi viene fisiologicamente superata, anzi essa stessa fa parte del sale della vita, in quanto e proprio del vivere confrontarsi con il cambiamento, la malattia e la morte. E’ pero la condizione caratteriale del soggetto ad esporlo al rischio, per una sua difficoltà ad affrontare il dubbio, a vivere la separazione e la perdita, quasi che queste persone non possano tollerare di perdere un con­trollo assoluto, o di rinunciare a un loro progetto onnipotente, e soprattutto non riescano a tollerare la sofferenza psichica in genere. LA "RELAZIONE D'AIUTO"Si può ipotizzare che in una società come la nostra, che tende a negare la sofferenza, che aiuta sempre più a evitare le esperienze di separazione e di perdita, che propone il «nuovo» come modalità di consumo e non come sviluppo e trasformazione, le persone saranno sempre più soggette a crisi emotiva in quanto poco attrezzate ad affrontare gli aspetti dolorosi, i limiti e gli imprevisti della vita, soprattutto quello che è il più prevedibile dato della realtà, e la più inevitabile delle evenienze, ma anche la più difficile da pensa­re, che è la propria morte. Perchè un intervento sia efficace è necessario che sia effettuata al più presto, entro breve tempo dalla richiesta, prima che il destino della crisi si compia, e corrisponda il più possibile al momento dell' impasse.Lo sforzo sarà quello di aiutare la persona a superare la crisi evitando i rischi immediati quali quelli rappresentati da soluzioni psicopatologiche acute o croniche o il suicidio, cercando però, quando sia possibile, che la crisi non sia stata inutile, ma possa eventualmente servire a raggiungere più elevati e migliori modi di adattamento esterno,  di funzionamento e integrazione interna. I trattamenti indicati potranno essere diversi: a volte saranno opportune tecniche direttive e pragmatiche, altre volte sarà necessario un appoggio pe­raltro molto variabile e che potrà effettuarsi tramite un blando sostegno che si limiti a rimandare al paziente una immagine positiva di sè, oppure un sostegno totale con una sostituzione pressoché completa delle funzioni del­l'altro, aiutati anche da provvedimenti assistenziali (e ove indispensabile, da psicofarmaci). Quan­do invece il funzionamento dell'Io sia valido ecco allora l'opportunità di trat­tamenti psicoterapici brevi o a medio termine. L’impegno sarà quello di fare tutto ciò che è necessario per la persona in crisi, usando mezzi e tecniche anche molto diversi, ma con la prospettiva sempre presente di cercare l' elaborazione psichica e la mentalizzazione, di tendere a integrare e padroneggiare le eccitazioni, di modo che il soggetto torni a essere in grado di elaborare contenuti mentali, di pensare e nominare le emozioni, di dare loro un senso, usando a questo fine del rapporto già nella fase diagnostica. La finalità ultima è quella di permettere che la persona faccia la sua espe­rienza soggettiva, uscendo dall'impotenza, evitando le soluzioni negative: spesso ciò può consistere essenzialmente nel dargli la capacità di soffrire un dolore senza perdere la capacità di rispondere in maniera adeguata e in questo modo l'intervento nelle crisi non è solo terapia, ma anche e soprattutto prevenzione.