MARCO PICCOLO

E S P L O D E... L' A G G R E S S I V I T A' !


L' AGGRESSIVITÀ BENIGNA... MALIGNA...  E IL DELITTOL'aggressività deve intendersi in vario modo. Konrad Lorenz, premio Nobel 1973, l'ascrive soprattutto ad un istinto, quindi connaturata (in accordo con Freud),
e afferma anche che l’uomo deve periodicamente liberarsene o attraverso un lavoro più in­tenso e appagante o attraverso lo sport, attività catartiche o, addirittura, con la politica. Dice, infatti, Lorenz che i partiti politici sono un prodotto dell’aggressività e sono un mezzo tra i più idonei per incanalarla a fin di “bene”. Anche il fanatismo religioso può essere una espressione liberatoria dell’ag­gressività.  Se non si trova un canale, un giusto canale, l'aggressività può esplodere "ex vacuo",  assurda, senza reale motivazione, incom­prensibile. Altra teoria sull'aggressività è quella di Burrhus Frederick Skinner che sostiene esser dovuta sempre a motivazioni am­bientali, provocata da fatti contingenti o remoti, ma rimasti vivi nell'animo. Una terza teoria è quella di Erich Fromm che distingue una aggressività benigna ed una maligna. La prima è cromosomica, genica, cioè innata nell'uomo e corrisponde all'istinto di Lorenz, è una aggressività che è indispensabile alla difesa contro condi­zioni e situazioni avverse. La seconda, l'aggressività maligna, è nata 5.000 anni fa, quando la società ha cominciato ad organiz­zarsi e la vita ad uscire dal limitato ambito dell’attività agricola. L'aggressività maligna è nata con lo sviluppo del commercio, dell'industria e delle  conseguenti guerre. L'uomo ha attenuato l'istinto e ha creato un carattere che fa le sue scelte, recepisce e decide. Se lo ritiene necessario al fine di sostanziare il suo potere o per dimostrare agli altri e a sé che ne ha, tortura i suoi nemici, la sua diventa una sadofilia. E va anche oltre questo desiderio di potenza o di affermazione di potenza o di ribellione; può ambire alla necrofilia, al piacere di uccidere. (EVIDENTEMENTE GLI ANIMALI NON POSSONO AVERE L'AGGRESSIVITÀ MALIGNA, PERCHÈ QUESTA E' FRUT­TO DEL PENSIERO). Fromm fa osservare che questa violenza maligna è più fre­quente negli uomini che non riescono a realizzarsi concreta­mente, neppure in campo sentimentale. Naturalmente vi sono anche condizioni molecolari.  Un eccesso di adrenalina (l'ormone dell'aggressività) può an­che scatenare l'aggressività maligna: un cromosoma maschile in più può pure essere causa  di aggressività.UN TALE CHE UCCISE SETTE INFERMIERE ( chi era???)  aveva un cromosoma in più, e così si poté accertare anche per autori di altri delitti. E poiché coloro che hanno un cromosoma Y in più hanno anche una altezza superiore a m 1,84, nelle scuole americane si è proceduto a una analisi cromosomica di tutti i ragazzi eccessi­vamente alti: lo sì e fatto a scopo "educativo" perchè non c'e dubbio che se una persona sa di avere per costituzione una tendenza  all'aggressività, se ne guarda e si autodisciplina con maggior attenzione e cautela. Come fatto storico val la pena di ricordare che nel XII secolo, in Cina, Hung Mai attribuiva la violenza alle «carestie provocate da inondazioni e da siccità» e che il primo rimedio e prevenzione era di «eliminare il bisogno e l'indigenza». AGGRESSIVITA’ E AGITI VIOLENTI . Il  dottor Mark Rosenberg, in uno storico convegno di molti anni fa,  ha affermato :l'omicidio nasce dalla violenza, e pertanto è questa la malattia da estirpare. E si è proposto di analizzare non solo l'uccisore ma anche le vittime, perchè anche queste presentano caratteri degni di studio. Si tratta quasi sempre - ha detto - di persone giovani, spesso deviate dall'alcol o dalla droga, ag­gressive esse stesse o facili a  intrufolarsi in ambienti poco raccomandabili. Gli omicidi in USA hanno raggiunto un picco significativo, per quei tempi cioè nel 1980  ovvero 23.970  e hanno costituito la maggior causa di mortalità per le persone dai 15 ai 34 anni.  PARE CHE OGGI il valore delle persone umane  abbia perso il "POTENZIALE SINAPTICO", una terminologia inabituale  che si ricava tuttavia dal canovaccio interpretativo scientifico. Se la morte, come succe­de ora, ci appare ogni giorno ( e più volte al giorno) nei film o nei resoconti della vita quotidiana  di tutto il mondo, la corteccia cerebrale crea infinite connessioni tra cellule nervose, per cui la morte e la violenza connessa diventano un'abitudine mentale senza più la forza repulsiva e l'analisi morale quali si richiederebbero.La morte e la violenza diventano secondo il termine tecnico una "memoria inscritta nell'ippocampo" ...  e noi siamo le nostre memorie, come ha scritto Sant'Agostino.