MARCO PICCOLO

UNA ORRIBILE TORCIA... UMANA ...


UNIVERSITA' DI PADOVAL’ottantacinque per cento del corpo devastato dalle fiamme. Di cui quasi il sessanta per cento con ustioni di terzo grado. Caterina Paglia, la trentenne studentessa in medicina che si è data fuoco nel suo letto in via Cavalotti 83 a PADOVA  PRESENTAVA  una situazione clinica disperata a cui i medici hanno  cercato di far fronte con ogni mezzo. Il fuoco, infatti, le ha divorato gli arti che risultano semi carbonizzati: il calore le ha devastato cute e cartilagini. Tuttavia le altre zone più colpite sono quella toracica e quella facciale. La giovane dopo essersi cosparsa di liquido infiammabile - non si sa ancora se alcol o benzina, anche se è più probabile la prima ipotesi - sul proprio letto dell’appartamento che condivide con altre tre studentesse, ha acceso una fiamma che in pochi attimi ha trasformato il suo corpo in una torcia. Sopraffatta dal dolore, Caterina Paglia non è riuscita a rimanere stesa sul materasso, anch’esso incendiato, ma si è alzata ed è corsa sul pianerottolo dov’è stata soccorsa dai vicini richiamati dalle sue urla che rimbombavano nella tromba delle scale.In quel tragitto, la giovane ha respirato direttamente le lingue di fuoco che le hanno distrutto laringe e intaccato i polmoni che si sono riempiti di fumo, nonostante in pochi minuti sia stata ricoperta con asciugamani bagnati e un plaid in maniera da spegnere le fiamme.COMMENTO PSICOLOGICO FORENSE Non è riuscita a chiedere aiuto. Ci sono a volte delle situazioni depressive  a  mano  a mano che ci si avvicina alla fine degli studi. Si ha paura di dover tagliare dei legami e di affrontare delle incognite. Ed a volte si tenta di evitare il confronto con l’impatto diretto di una vita indipendente. Le richieste di aiuto possono anche essere troppo deboli per trovare un orecchio attento, anche in una comunità solitamente solidale e accogliente come quella di studenti che convivono. Sicuramente doveva esserci una condizione di forte disagio, forse una situazione depressiva. Purtroppo casi come questo accadono più spesso di quanto ci si aspetta. Caterina doveva essere davvero disperat. E’ il mezzo scelto per tentare il suicidio che lascia ancora perplessi: il fuoco è un elemento dalle molteplici valenze simboliche, un modo per mandare un messaggio. Ma essere bruciati vivi è un’esperienza dolorosa e traumatica, e una laureanda in Medicina non poteva ignorarlo. E’ una modalità crudele, rabbiosa e distruttiva .  Il fuoco è stato spesso usato come forma di protesta politica, ma è un po’ anomalo come metodo di suicidio, specialmente per una donna.. La ragazza avrebbe avuto diversi interlocutori a cui chiedere aiuto, a partire dagli amici per finire con i servizi di assistenza psicologica offerti GRATUITAMENTE DA QUESTO ATENEO DI PADOVA. Ma c’è ancora un problema di stigmatizzazione della sofferenza psichica  e c’è una forte difficoltà a rivolgersi a questi centri di ascolto. Certo che episodi come questo lasciano proprio un senso di amarezza...