Che il tè verde, assieme ad altri nutrienti quali il vino rosso
e la cioccolata fondente, abbia proprietà antiossidanti e un'efficacia protettiva nei riguardi delle malattie cardiovascolari, è già stato ipotizzato da uno studio condotto in Giappone su 45.000 soggetti, senza però che questa importante teoria fosse suffragata da risultati certi. Adesso uno studio dei dottori Michele Antonello, Daniele Sticchi e Luisa Giuliani del dottorato Internazionale di Ipertensione Arteriosa e Biologia Vascolare dell'Università di Padova, sotto la guida dei professori Gian Paolo Rossi e Spiridione Garbisa, ha chiarito per la prima volta i meccanismi della sua azione protettiva cardiovascolare. Pubblicata sull'autorevole rivista "American Journal of Hypertension", la ricerca dei medici padovani dimostra come il tè verde sia in grado di prevenire non solo lo sviluppo dell'ipertensione arteriosa, ma anche dell'ipertrofia cardiaca e del rimodellamento vascolare, due tra le conseguenze più gravi dell'ipertensione. Ma come agisce il tè verde? Il nostro corpo produce un particolare peptide in grado di regolare la pressione arteriosa, l'angiotensina II che, se prodotto in eccesso come succede nel caso di restringimento delle arterie del rene, causa un aumento dei livelli pressori del sangue. Test condotti in laboratorio hanno chiarito che l'efficacia del tè verde è legata alla capacità di normalizzare la funzione dell'endotelio, il rivestimento interno delle arterie, rimuovendo così dal circolo i radicali liberi dell'ossigeno che distruggono l'ossido nitrico (NO), un gas normalmente prodotto dall'endotelio sano, che contribuisce al buon funzionamento delle arterie. L'ipertensione arteriosa è la principale causa di ictus e attacchi cardiaci nel nostro Paese (rapporto Istat marzo 2007, il 13,6\% degli italiani soffre di ipertensione) e in gran parte del mondo occidentale. I risultati ottenuti dai ricercatori dell'Università di Padova, che ora stanno testando gli effetti del tè verde anche sulla fibrosi del cuore e del rene, si configurano come un importantissimo passo verso il trattamento non-farmacologico dell'ipertensione.