MARCO PICCOLO

OMOSESSUALITA' e CASSAZIONE


L'offesa peggiore....  LA NOTIZIA Cassazione, sentenza borbonica: "Il sesso tra omosessuali è disonorevole".
Le sezioni riunite della Corte Suprema di Cassazione hanno definito  un 'fatto disonorevole un rapporto omosessuale' . Così infatti recita  il dispositivo n.  7280 del 14 febbraio scorso, in cui, appunto, si offre una definizione di omosessualita' come fatto disonorevole e lo si affianca, equiparandolo,  ad un rapporto incestuoso ... IL COMMENTO: Le sacrosante rivendicazioni degli omosessuali e la "fierezza gay"  si basano  su tre assunti: -  che le persone dovrebbero essere fiere di ciò che sono, -  che la diversità sessuale è un dono e non una vergogna, - che l'orientamento sessuale e l'identità di genere sono innati o comunque non possono essere alterati intenzionalmente. IN REALTA' QUESTI RESTANO ANCORA DEGLI "OBIETTIVI"  TUTTI DA RAGGIUNGERE.  E' come se con mente partecipe, i gay di oggi dovessero attraversare tutte le costrizioni subite lungo i secoli. Vivere dentro di sè e su di sè queste vie per poi arrivare a destituirle di fon­damento. Perchè solo avendolo fatto proprio ci si può liberare del passato: oggi i gay devono costruire proprie parole, e proprie strategie, adeguate all'epoca attuale. Perchè la salvezza non sta scritta da nessuna parte: non c'è nessuna garanzia, nessuna posizione consolidata, nessuna certezza di essere arrivati al punto di non ritorno della liberazione. Bisogna ancora non solo estendere, ma soprattutto ben fondare 1'esistenza dell'affettività omosessuale. Le persone gay hanno davanti un compito inedito, giacchè le condizioni attuali mai si sono date prima. Come l'angelo
della storia di Benjamin, quello del famoso quadro di Klee, noi dobbiamo avere il coraggio di guardare le macerie del passato. Ma contrariamente a quell'an­gelo orrificato dalle distruzioni e dalla violenza perpetrate con­tro gli oppressi, i gay e le lesbiche devono volgere il volto da­vanti e intorno a sè, perchè solo così possono non essere succu­bi di un'eredità storica che li lega con il suo carico di oppressio­ne. Solo il pensiero della propria storia redenta nella memoria rende possibile una reale riconciliazione: profonda come il do­lore, duratura come una serenità che consente di affrontare le avversità che in tante parti del mondo ancora subiscono. Solo il riconoscimento lucido e preciso della persecuzione e delle ca­pacità di realizzarsi consente il perdono ai persecutori: alle vit­time almeno va risparmiato l'oltraggio di un perdono che non sia fondato sulla individuazione del meccanismo che le ha schiacciate. Nessuna riconciliazione e nessun nuovo patto è possibile sull'ambiguità e sulla sottovalutazione, sulla rimozio­ne e sul silenzio.