MARCO PICCOLO

LA "MEDICINA OCCIDENTALE"


DUBITA DI SE STESSA? Nel XX secolo la medicina ha avuto uno sviluppo
straordinario. L'occhio umano è entrato nel corpo con la radiografia, gli ultrasuoni, la risonanza magnetica. Grazie agli antibiotici si sono potute curare le infezioni batteriche. La chirurgia si è affinata al punto di poter trapiantare organi come il cuore, i polmoni o il fegato. Tuttavia il motore di questa rivoluzione, cioè il modello biomedico che riduce tutte le malattie all'origine, nei meccanismi della cellula, comincia a perdere colpi. E dietro all'arroganza creata dal successo, oggi la medicina occidentale non è più così sicura di se stessa.Modelli a confronto All'inizio del nuovo millennio la grande sfida è rivolta alle malattie croniche: arteriosclerosi, diabete, cancro o Alzheimer. I sostenitori del modello biomedico ripongono le speranze nella biologia molecolare che permette l'eliminazione di queste malattie attraverso il dominio dei geni, i nastri di Dna che controllano l'apparato biochimico del corpo. Nello stesso tempo un'altra corrente guadagna terreno. Mette in discussione il principio stesso di questa riduzione dell'uomo e della malattia a reazioni biochimiche o molecolari. L'idea è semplice. Afferma che la malattia cronica è molto più di un'irregolarità di alcune cellule. Propone di vedere il corpo come un insieme di funzioni regolatrici che dipendono le une dalle altre.