MARCO PICCOLO

COMMEMORAZIONE PROF. GIUSEPPE FARA, LUTTO,


COMMEMORAZIONE DEL PROF GIUSEPPE FARA  CHE LASCIO AL MIO AMICO FRATERNO FERDINANDO CAMON: Temo che a Padova, dove oggi al Bo' si è reso l'estremo saluto al prof. Giuseppe Fara, non tutti conoscano la delicatezza, la sapienza, la tecnica freudiana­mente perfetta con cui il grande psicanalista lavora­va. A me Fara fu consigliato da Cesare Musatti e devo di­re che tra Fara e Musatti ho riscontrato un abisso. Da Mu­satti erano andati tanti amici illustri, scrittori fra i più grandi di questo tempo, Paso­lini, Ottieri...: a mio modesto parere (ma mi dichiaro subi­to un profano), Musatti commetteva spesso gravi e letali errori. Fara mai. Musatti entrò in scontro aperto con Pasolini, quando Pasolini introdusse il proble­ma della propria omosessua­lità. Non voleva parlarne, vo­leva condurre l'intera anali­si tenendo fuori il massimo problema della sua esisten­za. Assurdo. Ma era lui, len­tamente, che doveva scopri­re l'assurdità. L'avrebbe capita, e avrebbe affrontato il dramma. Invece Musatti aprì lo scontro: “Perchè non vuol parlarne?”, “Perchè è natura”, “Invece è cultura, ne parlerà comunque”. Paso­lini entrò in un'angoscia in­sostenibile, e non si presentò più. E' mia opinione che da quel momento cominciò a morire, il suo corpo massacrato sul lido di Ostia è il punto terminale di una retta che comincia lì. Ottieri è il perfetto esempio di "analisi interminabile": uno va in analisi, si trova bene, ma se smette sta male, e allora continua per tutta la vita. Ottieri non smise mai. Beveva. Musatti mi raccontava che la moglie (l'unica persona a cui Pasolini abbia scritto una lettera sincera e drammatica sulla propria omoses­sualità) nascondeva le botti­glie di alcol e allora Ottieri beveva le boccette di profu­mi. In seduta con Musatti, sentivo queste confidenze co­me una letale infrazione del­le regole: uno psicanalista che rivela la psicanalisi al­trui è peggio di un confesso­re che rivela le confessioni degli altri. Musatti stava lon­tano da Padova, oltre duecen­to chilometri. I viaggi mi stancavano. Quegli errori mi allarmavano. Cercammo qualcuno più vicino. Musatti mi consigliò Fara. Nella guida del transfert, quanto Musatti era pasticcio­ne, tanto Fara era geniale. Non sbagliava un gesto, una parola, una correzione, un in­tervento. Un silenzio. E' il protagonista assoluto del mio romanzo “La malattia chiamata uomo”. Nelle lingue in cui il libro veniva tradotto, controllavo che fossero esatte le frasi che si riferivano lui, a me davo minore importanza. Dove veniva re­citato in teatro (Francia, Spa­gna, Argentina), controllavo i gesti, i movimenti, le pause di lui. La piece è stata anche filmata, da un grande regista francese, Claude Miller. A Parigi, ha fatto teatro pieno tutte le sere, per quattro an­ni. Nelle sedute, capitava che raccontassi un sogno, senza capire niente. Minuti di silenzio totale, pensavo che lui fosse andato via. Poi la sua poltrona scricchiola­va, lui si chinava in avanti, e sussurrava due-tre parole. Come se, in un tunnel buio, uno accendesse un fiammife­ro. Vedi qualcosa, poi un po' alla volta gli occhi s'adatta­no, finchè vedi tutto. Uscivo dal tunnel. Se uscivo da un'u­scita sbagliata, lui sostituiva una parola, e io tornavo in­dietro. L'analisi è una tecni­ca con cui dici di te quel che non sai, sbagliare è facile ma è anche comodo, se non sai è perchè hai interesse a non sa­pere; non sapendo stai me­glio, sapere ti angoscia. Ma devi sapere, perchè il sapere ti libera. Fara era questo sa­piente liberatore. Ho letto il diario di Fellini in analisi: Fellini ha fatto l'a­nalisi con Ernst Bernhard, è un'analisi truccata, Fellini correggeva e nascondeva i punti scabrosi dei suoi sogni e Bernhard accettava queste coperture. Un'analisi-bluff. Quand'è morto Bernhard, Fellini è corso a salutarlo piangendo: “Mio vero, unico padre”. Doveva dire: “Mio complice”. Vero, unico padre è Fara, per coloro che han fatto l'analisi con lui. Era saggiamente crudele: “Ho tre cose da dire, una la tengo per ultima”, “Mi dica subito quella che vuol tenere per ul­tima”. L'analisi è la creazio­ne di un Anti-Stato: nell' An­ti-Stato sei libero di dire e rivelare cose che nella Stato è proibito anche solo pensare. Il paesaggio dell' Anti-Stato è un caos. Nel caos ti perdi. Specialmente se chi ti guida non sa leggere i segnali, non conosce gli incroci. A un in­crocio sbagliò strada Pasoli­ni, a un altro Ottieri ... Fara non gliel'avrebbe permesso.