MARCO PICCOLO

F O T O G R A F I A - P O R N O G R A F I C A


EDITORIALEDALLE IMMAGINI OTTOCENTESCHE ALLE FANTASIE SU INTERNET:  STORIA DELLA FOTOGRAFIA PORNOGRAFICA
GRAFFITI, stampe, dipinti. La nascita dell'erotismo coincide con quella del mondo. Fin da quando uomo e donna si inseguono, si seducono, s'ingannano nella fantasia. Ma nella storia della pornografia la svolta avviene con la fotografia che  nasce con i primi apparecchi d'inizio Ottocento. Non appena i fotoamatori prendono a girare il mondo con i cavalletti in spalla per riprodurre la magnificenza del creato, scaltri professionisti si rintanano nei laboratori pulciosi a spogliare fanciulle e ragazzotti, costruendo pornozootropi o pornostroboscopi. Si rischia forte. Multe salate, severe prigionie. Alle modelle, se colte in flagrante, va anche peggio. Ma nessuno si ferma. Perchè il mercato è fiorente. La domanda d'immagini audaci non conosce crisi, nè in tempi di ristrettezze economiche, nè sotto il pugno duro dell'autorità. Più la censura si scatena, è più il porno diventa prezioso e appetibile. Nella Roma papalina, per esempio, ci si scatena con i fotomontaggi hard di personaggi ecclesiastici o eroi del Risorgimento: uno ieratico Garibaldi si concede a mille fellatio, il papa di Porta Pia studia il sedere all'aria di una suorina. Vicende di miseria e nobiltà si mescolano nel commercio d'immagini oscene. Tra schiere infinite di morti di fame, s'alza, ogni tanto, uno Hugh Heffner che si fa prestare 600 dollari dalle banche e inventa l'impero di Playboy. La mania coinvolge tutti. Dalle ninfette di Carroll (che scriveva Alice nel paese delle maraviglie) alle cameriere di Salten (che inventava Bambi, accanto a romanzi molto porcelloni).  Negli Stati Uniti puritani degli anni Cinquanta: astuti editori smerciavano foto di nudo sotto asettiche testate di cultori del nudismo scientifico. I testi parlavano dell'eden naturale da riconquistare, ma gli occhi del pubblico scivolavano dai laghi e dalle montagne sullo sfondo verso i peli pubici. E i crociati del buon costume ebbero spesso la meglio in tribunale, dimostrando che gli stampatori erano malandrini perchè le donne non erano nudiste doc, bensì spogliarelliste di professione. In questi fraintendimenti c'è il nocciolo dell'intera pornografia. Il suo «peccato» non è mai oggettivo. Dipende dalla «lettura». Se la donna svelata è seguace di Siddharta, viene tollerata, se è una pin up che sfila il reggiseno per una manciata di dollari, fa scandalo. Stessa cosa vale per l'eccitamento. Perchè nulla è più monotono della pornografia. L'occhio complice accende l'eros. Quello distaccato, stuzzica il sorriso. Perchè nulla è più buffo dell'uomo che s'accoppia cercando originalità in un gesto eternamente uguale a se stesso. Nel ricco catalogo ripescato dal Gilardi ci sono duecento anni di corpi riprodotti con tecnologie sempre più sofisticate. Eppure i dagherrotipi con prosperose popolane e dragoni in divisa, le audacie del web moderno, gli autoscatti di mogli e mariti, le sculture del kamasutra e le curve di Eva Henger, sono tutti terribilmente uguali. Come se la galleria di smorfie, biancheria intima, orgasmi simulati, fossero una disperata offensiva del desiderio contro la sconfortante limitatezza delle nostre possibilità anatomiche.