MARCO PICCOLO

SENTENZA DI CASSAZIONE, DIRITTO, GIUSTIZIA, RAPPORTI TRA DOCENTI, "ROMPISCATOLE"


Cassazione: la prof può dire «rompiscatole» a una collega
Non è offensiva la frase «siete venuti a rompere le scatole» rivolta da una professoressa a una collega, alla presenza di tutti gli alunni, durante l'orario di lezione. Lo sottolinea la Cassazione che ha confermato l'assoluzione dal reato di ingiuria nei confronti di Rosa M., una “prof” cinquantenne romana che aveva così accolto – in classe, durante l'avvicendamento degli orari di cattedra – l'arrivo della collega Carla B. seguita da alcuni allievi. Sottolinea la Suprema Corte – con la sentenza 39454 della Quinta sezione penale – che l'espressione «non rompetemi le scatole», anche avuto riguardo alla «coscienza sociale» di un contesto scolastico, «non possiede alcuna carica offensiva». In particolare gli “ermellini” hanno pienamente convalidato il verdetto assolutorio emesso dalla Corte di Appello di Roma – il 24 giugno del 2004 – rilevando che, correttamente, i giudici di merito avevano affermato che «l'espressione incriminata, oramai di uso comune, è sprovvista di radici etimologiche e, banalizzata, è impoverita di significati lesivi della dignità morale o sociale degli individui». Né vale a caricarla «di una pregnanza semantica lesiva» il «settore della vita sociale in cui era stata pronunciata, quello di una scuola». Ad avviso della corte di appello la frase «si inseriva in uno scambio verbale tra professoresse, colleghe di lavoro, il cui livello culturale era da ritenere apprezzabilmente maturo da discernere la scarsa forza illocutoria delle parole pronunciate». In primo grado, invece, Rosa M. era stata condannata a 200 euro di multa e a risarcire i danni patiti da Carla B. per essere stata apostrofata come “rompiscatole” proprio a scuola. Adesso la vicenda si è definitivamente conclusa: la Cassazione ha, infatti, respinto il ricorso di Carla contro l'assoluzione della collega e la ha anche condannata al risarcimento delle spese di giustizia.