MARCO PICCOLO

IN MEMORIA DI ELUANA ENGLARO


A UN ANNO ESATTO DALLA MORTE DI ELUANA ENGLARO, NON C'E' ANCORA UNA LEGGE
Un anno fa moriva "improvvisamente"  ELUANA. E cosi', alla fine, ha sorpreso tutti. Se n'è andata prima che il Parlamento potesse impedirglielo, prima che si consumasse l'uso politico di un caso umano, prima che l'Italia al suo capezzale potesse verificare se e quanto soffre un povero corpo quando non viene piu' alimentato artificialmente. Mai come in questo caso il nome della clinica in cui Eluana  ha terminato i suoi giorni è risultato più controverso: la «Quiete» di Udine ha dato pace alle sofferenze di Eluana e della sua famiglia, ma ha alimentato la battaglia, in atto da tempo su questi temi, tra i fans della vita a tutti i costi e i sostenitori a oltranza della volontà individuale. La morte sopraggiunta ha certo richiamato ai più il senso del mistero e della compassione, ma ha surriscaldato molti animi nel Parlamento e nel Paese, con le parti in causa che si sono lanciate accuse infamanti. Colpisce in questa drammatica e triste vicenda - per i molti che la vivono in modo serio e non strumentale - la passione del confronto. Colpisce l'irriducibilità delle posizioni. Le questioni di fine vita non sono gli unici temi etici che oggi interpellano a fondo l'opinione pubblica e le coscienze, in una società alle prese con molte emergenze (presenza massiccia d'immigrati, lavori sempre più precari, crisi economica e finanziaria, ecc.) che mettono a soqquadro le nostre convinzioni di fondo e chiedono nuove regole di convivenza. Tuttavia tra i problemi scomodi che la modernità porta con sè, un posto di assoluto rilievo spetta ai temi del significato e del confine della vita, della possibilità di autodeterminare il proprio vivere e morire, di quanto sia lecito far ricorso alla tecnologia per prolungare l'esistenza. E ciò, sia perchè siamo talmente pervasi da un'alta idea di qualità della vita da rabbrividire all'ipotesi di un'esistenza meno degna; sia perchè siamo attorniati da casi umani (anziani «assenti», malati terminali, giovani vite spezzate) che continuamente ci ricordano la rilevanza e la «prossimità» del problema.Di qui l'attesa che il Parlamento vari finalmente quella legge sul testamento biologico sulla cui necessita' c'e' ampio consenso. Persino i Vescovi qualche mese fa si sono pronunciati a favore di un intervento in questo campo, dopo che per molto tempo l'avevano osteggiato. Tuttavia, il consenso deve tradursi in soluzioni concrete. A quale testamento biologico fare riferimento? Quali criteri e clausole introdurre? Come trovare punti di convergenza su questioni che dividono le coscienze e trasversalmente anche i gruppi sociali e politici? Tra le questioni piu' calde v'e' certamente la possibilita' di interrompere (in condizioni particolari) l'alimentazione e l'idratazione artificiale e l'interrogativo di chi abbia il diritto di decidere e dei modi in cui la decisione dev'essere assunta. Nel primo caso si tratta di valutare le situazioni in cui il fornire cibo e acqua artificialmente si presenti come un atto di accanimento terapeutico; oppure se la loro sospensione si configuri come un atto eutanasico. Nel secondo, occorre senza dubbio riconoscere l'importanza della volonta' del diretto interessato, ma nel quadro di una decisione che non risulti come un ricorso all'eutanasia (esclusa dalla legislazione italiana). Di qui l'importante funzione del medico, che - come avverte la Chiesa -, «in scienza e coscienza» e in dialogo con i familiari, contribuisca alla ricerca della soluzione da adottare. La strada dunque e' irta di ostacoli. Ma da piu' parti si spera in una convergenza di orientamenti che ci offra una legge che per lo meno porti a scegliere il «male minore». Le posizioni si possono avvicinare se ognuno riconosce le buone ragioni degli altri e gioca al meglio le proprie risorse per arricchire la cultura della nazione. fonte: la Stampa