MARCO PICCOLO

L'EDITORIALE: BLOG SENZA ALCUNA CULTURA, PSICOLOGIA, FILOSOFIA, SOCIOLOGIA, SCIENZA


L'EDITORIALELA CULTURA..... AI GIORNI NOSTRI
   Nell'economia postindustriale la nozione della cultura come prodotto è ormai una novità consolidata. Pertanto l'idea che essa sia «un bene di prima necessità, un codice condiviso, su cui gli individui e i gruppi sociali fondano oggi interi sistemi di identità e relazione con il mondo esterno», come scrive Mario Morcellini, è nella logica delle cose, senza che questo rappresenti tuttavia una rivoluzione se si tiene conto che qualcosa di simile accadeva già ai tempi della tragedia greca arcaica quando una intera popolazione aveva l'impressione di lavare le proprie colpe assistendo al processo di Edipo o di Antigone. Nel campo in esame non si inventa mai nulla di totalmente nuovo, sennonchè restano alcune cose da chiarire. Dal momento che l'accezione estensiva di cultura non esclude di ospitare nel suo ambito anche la «cultura del caffè» o quella «delle bollicine» e non ci si scandalizzerebbe di fronte all'eventuale affiancamento o «co-branding» di Lavazza e Opera di Roma, perchè storcere il naso se la Coca-Cola proietta il suo marchio sul Colosseo? E se la cultura è una merce che sottostà alle regole delle altre merci, perchè il biglietto del cinema non può essere diverso a seconda del film proiettato come succede ai conti dei ristoranti a seconda dei menu? E in tema di giustizia e abusi, sulla base di quali criteri una prodotto culturale viene giudicato meritevole di sovvenzione invece di un altro e perchè, come si fa invece con altri beni culturali, nessuno protegge i motivi più famosi delle Quattro Stagioni di Vivaldi da abbinamenti commerciali che li consumano? Come si dice in questi casi, anche il marketing culturale è una questione complessa.