MARCO PICCOLO

LA SENTENZA DI CASSAZIONE: CANDID CAMERA, POSTI DI LAVORO, BARISTA MARIUOLA, MEZZI PROBATORI, TRUMAN SHOW,


Non valida la “candid camera” contro il lavoratore
Sono nulle le prove raccolte dalle “candid camera” montate sui posti di lavoro, anche se ritraggono i dipendenti in comportamenti illeciti. Lo sottolinea la Cassazione (8250) che mette al bando i mezzi probatori costituiti dai fotogrammi scattati da telecamere fatte montare dai datori di lavoro per sorvegliare i loro dipendenti come se uffici, fabbriche e negozi fossero il set di un “Truman show”. In particolare il caso che ha portato a questa affermazione di principio è quello di una barista in un frequentato bar sulle rive del Garda, dove venne licenziata per aver sottratto dalla cassa, ogni giorno, 10 euro. A fare la spia era stata una telecamera a circuito chiuso installata dalla proprietaria del locale. La padrona, con in mano il filmato della donna in flagrante, si era rivolta al Pretore di Verona e, non paga di aver messo alla porta la barista, voleva vederla condannata a risarcirle 18.000 euro  per i danni subiti, patrimoniali e non. Ma il Pretore e poi il Tribunale di Verona hanno respinto la richiesta per inammissibilità della prova. E adesso la Cassazione rileva: «L'installazione della telecamera a circuito chiuso, nella misura in cui risulti finalizzata a controllare a distanza anche l'attività dei dipendenti, è da ritenersi illecita, inficiando lo stesso valore probatorio del fotogramma così conseguito». A supporto della loro affermazione i supremi giudici ricordano che l'articolo quattro dello Statuto dei lavoratori – che disciplina l'uso di impianti audiovisivi – «fa parte di quella complessa normativa diretta in vario modo a contenere le manifestazioni del potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro che, per le modalità incidenti nella sfera interna della persona, si ritengono lesive della dignità e della riservatezza del lavoratore». La norma – aggiungono – sancisce il divieto di utilizzazione di mezzi di controllo a distanza sul presupposto che «la vigilanza, ancorché necessaria all'organizzazione produttiva, vada mantenuta in una dimensione “umana”, e cioè non esasperata dall'uso di tecnologie che possono rendere la vigilanza stessa continua e anelastica, eliminando ogni zona di riservatezza e di autonomia nello svolgimento del lavoro».