MARCO PICCOLO

L'OPINIONE, BANALITA', LUOGHI COMUNI, MODI DI DIRE, STEREOTIPIE, INTERCALARI, ASTRUSITA' LINGUISTICHE,


L'OPINIONELA VALANGA INARRESTABILE DELLE BANALITA', DEI LUOGHI COMUNI, DELLE STEREOTIPIE, DEGLI INTERCALARI, DEI MODI DI DIRE.
Per una sorta di gioco, uno degli scorsi giorni mi è capitato di avventurarmi nell'evoluzione degli intercalari, dei modi di dire. Per gioco ho detto, senza pretese statistiche, tanto meno esaustive. Dunque, riflettevo, c'era una volta la credenza popolare, sostituita ora dall' immaginario collettivo che, pronunciato con giusto tono, intellettualizza il discorso. Se non che di tanto si è abusato di questa espressione, coniata da incerta, confusa paternità, da accusare un qualche fastidio nel sentirla ripetere di continuo, fino a ricondurre in essa ciò che non è affatto immaginazione di tutti, ma soltanto vezzo a uso di chi se ne serve. Come è accaduto con i telefonini: all'opposto di esibirli, oggi si cerca di mimetizzarli, nonostante residue resistenze di chi sèguita a servirsene in pubblico con voce da megafono. I vecchi professori con il pizzetto bianco, le botticelliane professoresse con impagabile, bruna lanugine fra orecchia e gota, trovandosi impediti nella fluidità del dire, ricorrevano al "vero", infioravano ciascun periodo con un "vero" o un "nevvero, no" di buon sostegno all'eloquenza. Non potevano sapere che i loro remoti discepoli, restii a ogni imitazione, avrebbero sostituito al vero l'altrettanto  ripretitivo “cioè”. Un nugolo di avverbi è cresciuto nelle usuali o dotte conversazioni. Certo. Certamente. Sicuramente. Ricorrenti quando uno pontifica e l'interlocutore, poverino, non avendo capito nulla non sa cosa rispondere. Tanti “assolutamente sì” o “assolutamente no”, con l'affermazione o la negazione al fianco, e meno male, infatti, a lungo, l' assolutamente, secco, isolato, messo in risposta a una domanda, rischiava di dire l'opposto di quel che s'intendeva significare. Un po' come l' affatto, che senza il niente davanti rafforza quel che si pretenderebbe negare. Il credo veniva usato nella preghiera liturgica, nel rinnovo dei voti battesimali a Capodanno. Adesso si crede sempre. Io credo, credo, credo. Io credo... e, se si crede, basta far sapere ciò in cui si crede. Infatti mai si vide chi sostenne ciò in cui non credeva, pure se, sotto questo aspetto, adesso se ne vede più d'uno. In compenso (e siano rese grazie, nonostante la perdita delle relative melodie dolcissime) da inni sacri e mottetti sono scomparse molte astrusità linguistiche. Recitava la seconda strofa di «O bella Regina»: «dal monte, dal colle, dal piano, dal mar, un inno si estolle, tue lodi, a narrar». Si estolle? Sì, dall'irregolare verbo latino exfero , porto via, porto su. Da bambina lo cantavo, lo ripetevo, metricamente era perfetto. E ognuno arrivava al suo significato, a differenza delle tante insignificanze d'oggi che non lasceranno traccia non significando niente