MARCO PICCOLO

EDITORIALE DELLA SERA: PSICOLOGIA, IDEE, PENSIERI, OPINIONI, COMMENTI, SUGGESTIONI......PER UN NUOVO GIORNO


EDITORIALE DELLA SERA © PSICOLOGIAFORENSE, RIPRODUZIONE RISERVATALA SINDROME DEL FIGLIO NATURALE NON RICONOSCIUTO
Come era quel detto latino? «Ubi maior, minor cessat!» ovvero: dove c'è una persona, una situazione, una cosa più importante (maior), la meno importante (minor) viene automaticamente a perdere di valore. Nel caso dei figli naturali non riconosciuti (se non in tribunale) di Claudio (Villa), Domenico (Modugno), Diego Armando (Maradona) ecc., essi sono soltanto i penultimi di una lista, lunga quanto il tempo, di “minor” ovvero di “figli naturali non riconosciuti” nonostante le prove certificassero il contrario e dicessero che quel “pater certus est”. Insomma un “cahiers de doléance” del quale i “maior”, almeno quelli ancora vivi, dovrebbero, perlomeno, prendere atto. Non fosse altro che per chiedere scusa a figli e figlie! Invece, spesso, avviene esattamente il contrario. I figli e le figlie naturali non riconosciuti che, dopo lunghe lotte in tribunale, sono riusciti a “strappare” il cognome del padre, vengono colti da una specialissima sindrome. Quella del figlio non riconosciuto che, a tutti i costi, vuole diventare come il genitore. Fare quello che ha fatto lui; somigliargli in tutto, per tutto e fra tutti; fare lo stesso mestiere, avere la stessa riuscita nella vita. Come dire: «Se sono la tua esatta copia, non potrai certo dire che non è vero che sono tuo figlio!». Mi viene in mente Manuela Villa che, qualche tempo fa duettava, in televisione, con il padre ormai morto, prendendosi “virtualmente e finalmente” la libertà di misurarsi con lui, con quella voce che aveva “dato origine” anche alla sua voce. E mi viene in mente il ragazzino Armando Diego Maradona junior: i suoi occhi bellissimi e stupiti davanti a tanta attenzione, clamore, partecipazione degli altri. Che lui, ingenuamente scambia per affetto! Mi viene in mente che giocherà a calcio per dire, a distanza, al “pibe de oro”: «Io ho seguito le tue orme!». E mi viene in mente che, quando gli hanno chiesto se il suo cognome costituisse un peso per lui, quel ragazzino ha risposto: «No, no, è un aiuto!». Nel nome di un padre che al figliolo ha dato soltanto il sostegno di un cognome! Un cognome che quel ragazzino ha trasformato, lui, da solo, con la magia della sua immaginazione e del suo cuore, in un autentico vantaggio.