MARCO PICCOLO

LA RIFLESSIONE: MEDICINA, SCIENZA, PSICOLOGIA, MEZZA ETA', RINNOVARSI, RASSEGNARSI, TRAUMA, DOLORE, OPPORTUNITA', DEPRESSIONE


LA RIFLESSIONE DEL MATTINOcopyright, psicologiaforense riproduzione riservataLA VECCHIAIA NON E' UNA MALATTIA
I progressi della medicina hanno contribuito a prolungare in modo consistente l'età media della vita. E dalle ricerche degli ultimi vent'anni è emersa la constatazione che una fondamentale variabile nell'assicurare una “buona” vecchiaia è costituita dalla modalità con cui la persona risolve la “crisi” di mezz'età che è oggi situata fra i 49 e i 65 anni. Fino a non molto tempo fa tale momento della vita era frettolosamente risolto in termini di «necessaria rassegnazione» per le inevitabili “perdite” fisiche, affettive e sociali. Ma oggi non è più l'età in cui si deve apprendere «come rassegnarsi», ma «come rinnovarsi»: in altre parole, la “crisi” della mezza età è considerata come una crisi per la ridefinizione del sé. In essa, i conflitti psichici sono molto simili a quelli di un'altra grande crisi della vita: quella dell'adolescenza. Come l'adolescente deve superare il trauma del “distacco” dai genitori e passare dalla condizione di giovane dipendente a quella di persona autonoma, così l'individuo di mezza età deve accettare le inevitabili perdite. E, con appropriato dolore, distaccarsi da alcuni aspetti della propria persona, al fine di permettere ad altri aspetti, sacrificati nella prima parte della vita, di trovare in seguito adeguata espressione. In particolare, nell'uomo, specie se in precedenza ha dovuto darsi uno stile competitivo, “maschilista”, sono i desideri di tenerezza, affiliazione, gusto estetico, che chiedono ascolto e soddisfazione; nella donna, specie se ha dovuto dedicarsi soprattutto ai compiti di madre e casalinga, sono i desideri di partecipazione sociale e di industriosità, che tentano di trovare un'adeguata espressione. Naturalmente, questa revisione del sé (che coinvolge la percezione del corpo, l'espressione sessuale e le relazioni sociali) è condizionata da diverse variabili (la salute fisica, la configurazione familiare, il lavoro). Alcuni, anziché accogliere le nuove potenzialità, si irrigidiscono, rafforzando le difese denigratorie (che si esprimono soprattutto nella volontà di rimanere giovani in modo esagerato). Altri sviluppano un'attenzione patologica verso il corpo, oppure avvertono le nuove potenzialità non come delle opportunità, ma come delle «debolezze» o minacce; altri ancora vivono le perdite dell'età come perdite globali (senso di fallimento, depressione).