MARCO PICCOLO

L'OPINIONE: VITA, MORTE, DOLORE, PIETA', ACCANIMENTO TERAPEUTICO, MEDICINA, FEDE, SCIENZA, VIVERE CON DIGNITA',


L'OPINIONEcopyright, psicologiaforense riproduzione riservataIL CONFINE DELLA VITA TRA PIETA' E ACCANIMENTO TERAPEUTICO
Sul versante dei gorghi oceanici del dolore, quando non affiora più alcuna forma di orizzonte, è legittimo invocare la barca di Caronte, che ci traghetti laddove a nessuno è dato ritornare. L'«aiutami a morire» di chi soffre è un appello specialissimo, che i difensori della vita a ogni costo non possono ignorare. È vero che la pietà si manifesta «accompagnando» il morente con una assistenza amica, con gli affetti familiari, con il conforto della fede (quando c'è). Ma è anche vero che al cospetto del dolore lacerante anche la più calda affezione e la più forte fede non sortiscono nulla di positivo di ciò che il sofferente vuole con tutto se stesso. E ciò che vuole è uscire Pietà è un sentimento forte, certamente il più nobile dell'umana natura. Essa esprime quel sentire delicato che sa di «pudore», di «timore sacro», di «intangibilità», di «rispetto per la vita». Ma, se sostenere una vita che finisce è pietoso, surrogare una vita che è già spenta è spietato. L'accanimento terapeutico è la parte meno umana della medicina, perché prolungare la vita oltre le sue possibilità significa trasformare la persona in cavia. Significa manipolare la vita, non rispettarla. L'accanimento terapeutico sa d'empietà. Rispettare la vita comporta non solo che non si prosegua al di là dei suoi limiti, ma che la si viva con dignità.