MARCO PICCOLO

L'EDITORIALE DELLA NOTTE: PENSIERI, OPINIONI, IDEE, RIFLESSIONI, SUGGESTIONI ...... PER UN NUOVO GIORNO


L'EDITORIALE DELLA NOTTE SOS PIANETA TERRA
Uno storico inglese, Eric J. Hobsbawm – il cui nome è per sempre legato alla definizione del Novecento come “secolo breve” – ha scritto che “il mutamento rapido e costante della tecnologia materiale può essere salutato con gioia proprio da quelle persone che sono profondamente turbate dall'esperienza di un rigido mutamento nei rapporti umani (per esempio in quelli sessuali e familiari), e che farebbero davvero fatica a concepire un mutamento costante in tali rapporti”. Tutto ciò mi sembra senz'altro vero. Gli uomini solitamente non amano vedere sconvolto il loro sistema di valori, mentre accettano tutto quanto serve a migliorare la loro situazione, per così dire, materiale: e hanno scoperto con molto ritardo che le innovazioni tecnologiche corrodono, spesso fortemente, proprio quei valori consolidati che essi intendono proteggere. Ma hanno scoperto con un ritardo ancora maggiore che lo sviluppo tecnologico non incide soltanto – nel bene o nel male, se si vuole – sul sistema di valori, ma anche – questa volta soltanto nel male – su quella natura che per suo mezzo dominano, e che oggi sembra rivoltarsi contro i suoi “dominatori”. Un filosofo francese, Jacques Ellul, già nel 1975 scriveva che “nei confronti dell'aria, dell'acqua, degli oceani, delle foreste”, i “tecnologi” hanno seguito questa logica: “Sono così grandi, così immensi, così saldi che si può farne ciò che si vuole. Si possono riversare nell'oceano milioni di tonnellate dei nostri rifiuti, l'oceano rimane sempre lo stesso”. Quando però ci si accorge che le cose non stanno così, che l'oceano sta morendo, concludeva Ellul, “allora si perde la testa”. Ma la testa si può perdere in tanti modi: non da ultimo perseverando nei medesimi atteggiamenti ed errori. Il nostro egoismo naturale e il sempre crescente utilitarismo che caratterizza la nostra cultura e vita morale, si sono dilatati fino a creare, per assecondarli, condizioni che minacciano la sopravvivenza del pianeta. Ma la cosa non sembra preoccuparci più di tanto: forse perché si tratta di una scadenza a lungo termine: e, come diceva, John Maynard Keynes, “sui tempi lunghi saremo tutti morti”. Temo allora che il celebre “ après moi le déluge” , dopo di me il diluvio, non sia soltanto l'infelice espressione di un re di Francia, ma qualcosa di iscritto nel nostro codice genetico.