IL CORSIVO DEL MATTINO"Vissero infelici perchè costava meno"
Siate brevi, pungenti, e se possibile un po' carogne. E' la formula dell'aforisma, un genere letterario praticato da secoli, guardato per molto tempo con sufficienza dalla critica accademica, spesso di incerta attribuzione, di faticosa uscita editoriale; e giunto in questi anni a una imprevista età dell'oro. Scrivono aforismi romanzieri, pittori, filosofi, poeti; scrivono aforismi giornalisti, teatranti, cabarettisti; e scrivono aforismi perfino gli studiosi di aforismi. Dice Gesualdo Bufalino, praticante fra i più convinti di questa chiesa: "Un aforisma benfatto sta tutto in otto parole" e lo dice in otto parole appunto. Ma, se necessario, sa scendere a sette: "I vincitori non sanno quello che perdono". C'e' chi lo batte. Ennio Flaiano, che deve agli aforismi due terzi della sua fama, si ferma a sei: "Vivere è diventato un esercizio burocratico". Leo Longanesi, il maestro di tutte le malelingue, si è conquistato l'immortalità con una sentenza di cinque parole: "Vissero infelici perchè costava meno". Mino Maccari, più malalingua di lui, è arrivato a quattro, con il suo commento alla marcia su Roma, dove aveva partecipato da squadrista: "O Roma o Orte".