MARCO PICCOLO

TESTI E PRETESTI, CULTURA, SCIENZA, GAMBE DELLE DONNE, POESIA, MONTALE, SENSUALITA', ALGORITMI, FASCINO, ORMONI, MODE, ARTE


LE GAMBE DELLE DONNE
 Una ricerca  ha dimostrato che ogni uomo sbircia almeno otto donne nel corso di una giornata, per due minuti l'una, ovvero sei mesi in un'intera esistenza. L'occhiata galeotta parte dal seno, scivola poi su gambe e sedere. È un istinto irrefrenabile. Che ha spinto culture, religioni, mode da migliaia di anni a esaltare le gambe e velarle, addobbarle e levigarle, venerarle e censurarle. Nell'“Uomo che amava le donne”, il bellissimo film di Truffaut, il protagonista malandato in ospedale ci lascia le penne per inseguire l'ultimo paio di gambe che vede, quelle di un'infermiera: per tutta la vita ha sostenuto che le gambe delle donne sono dei compassi che misurano il globo terrestre in tutte le direzioni, donandogli il suo equilibrio e la sua armonia. A proposito di matematica, un serio scienziato ha calcolato la formula delle gambe perfette con un complicato algoritmo che tiene in considerazione misure, circonferenze, lucentezza della pelle. In base al suo teorema, le migliori sono quelle di Jennifer Aniston. Un altro scienziato ha determinato la misura ideale dei tacchi, appendice necessaria quanto le calze alla bellezza d'una gamba. Se le formule funzionassero i personal trainer, i chirurghi plastici, gli ingegneri di collant sarebbero felici. Ma ingabbiare il fascino negli algoritmi è pura follia. Basta scorrere le classifiche per rendersi conto che non ci sono misure, nè proporzioni che tengano. Piacciono sia i trampoli sterminati di Elle Macpherson (1,83 cm), sia quelli più ridotti della Aguilera (20 centimetri più bassa). Le gambe delle donne non si reggono sui numeri (anche se la smorfia del Lotto ha deciso che sono il 77) ma sull'allegra anarchia degli ormoni, delle mode, delle arti. E non c'è bisogno di sfogliare gli annali di “Playboy> >, con la geniale invenzione del paginone centrale, per rendersene conto. Si puo' prendere un libricino meno appariscente. “Le Occasioni” di Montale. Contiene una bellissima poesia d'amore intitolata “Dora Markus”. Nacque da un biglietto spedito nel 1928 da Bobi Bazlen: “A Trieste, loro ospite, un'amica di Gerti, con delle gambe meravigliose. Falle una poesia. Si chiama Dora Markus”. Allego' anche una fotografia, dove s'intravvedono due gambe slanciate, coperte da una gonna che arriva poco sopra il ginocchio, e un paio di scarpe con cinghietto alla caviglia. Montale non conobbe Dora Markus. Ma non scordò mai la fotografia. Quarant'anni dopo la conservava ancora, un po' più sbiadita, senza l'angolo sinistro. Erano gambe magnifiche. Esprimevano la perfezione della bellezza, ma anche l'“irrequietudine” d'un animo femminile, e il male del vivere che sempre si sposa all'amore e al desiderio