MARCO PICCOLO

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Botticelli, sesso e droga per Marte
La scoperta è elettrizzante: Sandro Botticelli avrebbe nascosto in uno dei suoi quadri più famosi un enigma, forse una beffa. Un esperto di Sotheby’s ha annunciato d’aver riconosciuto una pianta finora inosservata in uno dei suoi capolavori. Nel Venere e Marte, gemma della National Gallery di Londra, spunta infatti, proprio sotto il corpo nudo e abbandonato del dio guerriero, sull’estremo angolo destro, un satiretto con l’aria cattiva che tiene in mano un frutto allucinogeno. Si tratta, secondo David Bellingham, di Datura stramonium, che contiene una potente sostanza psicotropa nota agli antichi indiani (i suoi fiori sono spesso intrecciati ai capelli di Shiva), ai greci e alle popolazioni americane.Provoca visioni, ma soprattutto comportamenti orgiastici: per esempio quello di strapparsi le vesti di dosso. È stato l’ingrediente preferito dei sabba delle streghe. È insomma un potente afrodisiaco. Che ci fa in quella meravigliosa allegoria dove la bellezza (adulterina) di Venere doma la brutalità di Marte? Bellingham spiega che è offerto esplicitamente allo sguardo dello spettatore, e quindi ha un significato. Nel neoplatonico Botticelli, seguace fedele a Firenze di Gerolamo Savonarola, c’è forse un messaggio di sfrenata sensualità. La tesi è suggestiva, i botanici del Keew Garden hanno riconosciuto lo stramonio (e com’è noto i sensuali e funerei preraffaelliti britannici trassero ispirazione proprio da Botticelli): tutto sembra tornare a meraviglia.