MARCO PICCOLO

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Carla Collicelli: "Serve una rivoluzione culturale: tornare a educare alla vita"
Di bambini e di adolescenti si parla prevalentemente in occasione di fatti di cronaca nera, come sta accadendo per il terribile caso di Sara, al centro delle cronache, anche televisive, negli ultimi giorni. Come se una società, che sta rapidamente invecchiando e che si occupa molto di anziani, trovasse normale derubricare dal proprio campo di attenzione l’età minorile nella sua normalità – relegandola in una sorta di invisibilità sociale – e si risvegliasse solo di fronte a eventi gravissimi. In particolare, non si considerano con la dovuta attenzione l’importanza della relazione educativa tra adulti e bambini, e i rischi del suo venir meno. Nel caso di Sara, ad esempio, siamo ancora una volta di fronte a una violenza perpetrata nell’ambito familiare, e al triste intreccio tra violenza e pulsioni sessuali di adulti nei confronti di adolescenti. Gli episodi che assurgono all’onore della cronaca, rimandano a un’evidente fragilità educativa e relazionale, presente nelle famiglie. In questi casi si riscontra quasi sempre una relazione intergenerazionale che tende a banalizzarsi, e una riduzione ai minimi termini, se non addirittura un totale annullamento, dello scambio valoriale tra i membri familiari delle diverse generazioni. Il che si sposa con la eliminazione dai vissuti familiari della dimensione etica, con la spinta a costruirsi un’identità fuori di casa o davanti allo schermo del televisore o del computer, e anche – nei casi più gravi – con la ricerca di esperienze estreme di abuso, prevaricazione e violenza.Il compito è allora quello di ripensare il ruolo educativo, rilanciando lo scambio tra generazioni sul piano della condivisione dei valori più profondi e degli obiettivi civili, politici, sociali, lavorando per la costruzione di un contesto educativo più largo attorno alle tradizionali agenzie di socializzazione ed istruzione e sostenendo la famiglia nel suo ruolo educativo.