MARCO PICCOLO

RIFLESSIONI, TESTI&PRETESTI, STORIE, STORIELLE, STORIACCE, SETTEMBRE 1875, UCCISORE DI BAMBINI, CRIMINOLOGIA,


ITALIA CRIMINALE, ASSASSINI FOLLI O ASSASSINI LUCIDI, IL MALE, NORMALITA' E DIVERSITA' L'UCCISORE DI BAMBINI
 Carcere delle Murate in Firenze. Settembre 1875. Scoppia un gravissimo disordine, i detenuti scuotono le sbarre e urlano insulti verso una cella isolata, la numero 16: «Ammazza bambini». Alle dieci e mezza del 18 dicembre 1876, sotto il cielo nuvoloso e vicino all'Arno ingrossato dalle burrasche della notte, iniziava il dibattimento contro Grandi Callisto, conosciuto col nome di Carlino e soprannominato Prospero, di anni 24 di fu Giuseppe, scapolo, artigiano e carradore, nato e domiciliato tra i filari di viti alberate del Valdarno. Detenuto e imputato di omicidio premeditato continuato consumato per avere tolto violentemente la vita a Luigi Bonechi di anni 4, ed Arturo Diotisalvi di anni 4, a Fortunato Paladini di anni 9 e ad Angiolo Martelli di anni 7 a scopo di vendetta. E per aver tentato di uccidere Amerigo Turchi, di anni 9, senza riuscirvi unicamente per circostanze fortuite ed indipendenti dalla sua volontà. Quelle urla del bimbo, che stava per essere soffocato e sepolto nella piccola fossa del pavimento sterrato della sua bottega, fecero accorrere una guardia municipale e tre paesani che, sfondata la finestra che dava sul vicolo, salvarono l'innocente e svelarono il mistero dei bambini spariti senza lasciare traccia: li aveva ammazzati il Grandi e i corpi li aveva sotterrati nella sua dimora. La confessione era stata immediata: «Scriva Signor Giudice, che in tutti ci ho colpa io e gli ho ammazzati tutti io. Gli ho uccisi per vendetta e gli ho ricoperti di terra. Dimani la prego di dire alla mia famiglia che mi mandi la mia giubba». Il caso dell'«uccisore dei bambini» era dunque risolto ma i dodici membri del giurì, ricostruito il come, avevano un altro compito: capire le ragioni di tali gesti. Lo voleva il pubblico, avido di sapere cosa lo distingueva da quel mostro, e lo voleva la Giustizia. Nell'udienza di apertura il Presidente Mori Ubaldini formulò la domanda di sempre: «aveva egli o no coscienza dei propri atti e libertà d'elezione?». Ai giurati popolari fiorentini bastarono due ore per scegliere di non scegliere: il cardatore Callisto Grandi agì trovandosi in uno stato vicino a quello di chi non ha coscienza e libertà dei propri atti, dunque semi-responsabile. Il verdetto fu 20 anni di lavori forzati. L'aggiornata scienza del tempo lo avrebbe voluto prosciolto per pazzia mentre i genitori dei bimbi all'ergastolo. La sentenza disse che andava punito ma che era un diverso, diverso dalle persone (fino a quel momento) per bene. Di qui il verdetto mediano: che non soddisfa nè gli scienziati nè le persone offese ma salva il senso comune: responsabilità ma diminuita. Soluzione di allora, soluzione di oggi.