In questi giorni risuonano ancora gli echi dei commenti relativi all'assegnazione del premio Nobel per la Pace al Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, assegnazione che ha suscitato non poche perplessità anche da parte di chi vi scrive: frettolosità, parziale infondatezza, determinato più dal nome e dalle parole, che da scelte concrete. Altri ne colgono un sottile disegno politico da retrobottega, qualcuno (Murdoch) si spinge oltre sostenendo che Obama in questi giorni si sia comportato più come cittadino di Chicago che Presidente di una Nazione e che, quindi, il conferimento del Nobel potrebbe essere stato un tentativo di recuperare terreno dopo la mancata assegnazione delle Olimpiadi ... (a dimostrazione che il binomio media e politica o antipolitica è potente non solo da noi, ma questa è un'altra storia).Ritornando al Nobel, esagerato, si; precipitosa l'assegnazione, certo, ma molti sono anche pronti a concludere con la speranza che sia di buon auspicio per il futuro.Qualche piccola prova, anche se non legata all'evento specifico, pare stia arrivando. Se per Pace intendiamo qualcosa che va oltre alle motivazioni di un premio ("per i suoi sforzi straordinari volti a rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli"), ma una dimensione di vita che può manifestarsi solo se sorretta da principi di giustizia e di eguaglianza, nel rispetto dei diritti inalienabili di ogni uomo anche all'interno dei confini del proprio stato, allora non possiamo non continuare, pur con le nostre legittime perplessità, a condividere l'ottimismo e la stella del buon auspicio.E veniamo alla “piccola” grande prova. In questi giorni Obama sta ponendo fine alla cosiddetta politica del Don’t ask, don’t tell (Non chiedere, non dire), più comodamente Dadt, voluta dal Presidente Clinton nel 1993 e tuttora in vigore, secondo la quale i soldati gay possono effettivamente arruolarsi nell’esercito degli Stati Uniti, solo a condizione di non rivelare e di non dare alcuna prova del loro orientamento sessuale. Come dire, vi faccio entrare (e nel 1993, forse, era già qualcosa …), ma, mi raccomando, state zitti e ascoltate in silenzio le esaltazioni della gnocca dei vostri commilitoni: qui dentro siete tollerati, ma non si può dire perché siamo tutti figli di una morale borghese, bigotta e maschilista, con quel tanto di ipocrisia che basta per completare l’opera. I numeri parlano chiaro: per gli effetti del Dadt sono stati circa 12000 in America i soldati che, pur avendo ottenuto meriti militari nei campi di azione più infuocati (Iraq, Afghanistan) sono stati poi congedati perché, facendo outing, con la loro condotta omosessuale avrebbero tradito il codice militare. Obama, estinguendo in tal modo un debito contratto con la comunità elettorale gay che lo ha sostenuto, si propone di compiere un intervento politico di enorme portata rivoluzionaria proprio all’interno di quello che, per antonomasia, viene considerato lo strumento di guerra, cioè l’esercito. Porre fine alla discriminazione sessuale nell’esercito può voler dire andare nella direzione di quel buon auspicio a cui tutti ci aggrappiamo, poiché significa riconoscere negli uomini e nelle donne omosessuali il diritto di esserci, di contribuire alle sorti del proprio paese, di fare la Storia anche a partire dalle proprie, diverse storie.Se Pace significa anche questo, e non solo ritiro immediato di truppe, allora un Premio dato sulla carta può forse tradursi in una cambiale firmata al mondo, verso una politica più attenta ai bisogni delle persone nelle loro molteplici, straordinarie diversità