...era voluta venire al mondo partendo dalla Notte e
adesso ci era dentro.che lo volesse o no.dentro,con tutta se stessa.e dire che le avevano dato la possibilità di scegliere ben
due volte, ma lei non aveva voluto saperne di cambiare idea.nel Giorno c’era sempre stata troppa folla per i suoi
gusti, e la gente vi passva attraverso urtandosi con i gomiti e graffiandosi i
talloni.si spintonavano, si tiravano calci e pizzichi nascosti.
volevano negli occhi il primo raggio di sole. tutti quanti. nessuno escluso.la gente della Notte invece camminava con le dita che
puntellavano il muro / e che avrebbero scelto la Notte lo capivi dal modo di
arruffare gli occhi, scuotere velocemente il naso e scappare.subito.lontano.via dal rumore e dalle voci che punzecchiavano i capelli e
le narici.per loro, per la gente della Notte, tutto ha un odore, persino
il rumore ha un odore.ma in quel caso,è insostenibile....e lei continuava a muoversi irrequieta sul muretto in
cui si era seduta. alzava a turno le cosce, prima l’una e poi l’altra, con la
differenza temporale di un nanosecondo.il marmetto ruvido del muro le irritava la pelle sotto i
vestiti.e poi era caldo, molto caldo, in un modo che non avrebbe
mai pensato.già così caldo anche lì, nel Quadrato di Mezzo, dove non
era nè Notte nè Giorno. dove ancora non si era capito che momento della
giornata fosse, e per questo la gente di entrambi i luoghi continuava a
litigare.non si riusciva a stabilire se si trattasse di alba o
tramonto.se lì a morire fosse il sole, o il buio.e lei comunque non avrebbe mai immaginato che potesse
essere già così tanto caldo, e
illuminato. ma infondo le piaceva il senso d’incertezza che era ammollo
nell’aria.pensava che le cose non definite avessero la possibilità
un giorno di essere tutto, mentre le altre, quelle sicure, per quanto le si
possa amare, rimanessero in fin dei conti statiche senza lasciare vie di
uscita.eppure ben pochi avevano scelto di rimanervi, lì, nel
Quadrato di Mezzo.era la possibilità che, tra le tante cose, quello scegliesse
il niente. era questa cosa qui che li spaventava.lei, Pulce, viveva con ai piedi del letto una lampada blu che
di continuo faceva scivolare la sua luce viscosa verso i quattro angoli della
camera.tutto il suo mondo sembrava una miniatura in pixel di un
abisso marino...un abisso strano,dalle acque di velluto sottile e le pareti
solide di plastica dura. quasi vivesse in un acquario incastrato nello schermo
di un computer.e quando qualcuno le chiedeva che fine avesse fatto il
giallo in tutto quello, lei rispondeva che non avrebbe mai voluto saperne
nulla. mai.era ridicolo sceglere la Notte, e poi trovare ogni minimo
palliativo per mettersi al riparo dal buio.e infatti accadeva, ogni giorno, ogni mattina, quando
l’alba ti entra addosso dalle serrature, ogni giorno, lei si ricopriva le
palpebre col lenzuolo, lasciava filtrare un quarto di quella luce seppiata
perchè di più non poteva, perchè di più sarebbe stato troppo per due occhi
abituati a ricavare i colori dal nero, si ricopriva le palpebre, sbirciava il
riflesso di quella luce aritificiale, ed ogni tanto si chiedeva com’era. ma se
lo chiedeva solo, perchè infondo quel riflesso le bastava. tutto il resto...tutto il resto non l’avrebbe mai
immaginato....
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ontano_ludovico einaudi