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Post N° 1048


...era voluta venire al mondo partendo dalla Notte e adesso ci era dentro.che lo volesse o no.dentro,con tutta se stessa.e dire che le avevano dato la possibilità di scegliere ben due volte, ma lei non aveva voluto saperne di cambiare idea.nel Giorno c’era sempre stata troppa folla per i suoi gusti, e la gente vi passva attraverso urtandosi con i gomiti e graffiandosi i talloni.si spintonavano, si tiravano calci e pizzichi nascosti. volevano negli occhi il primo raggio di sole. tutti quanti. nessuno escluso.la gente della Notte invece camminava con le dita che puntellavano il muro / e che avrebbero scelto la Notte lo capivi dal modo di arruffare gli occhi, scuotere velocemente il naso e scappare.subito.lontano.via dal rumore e dalle voci che punzecchiavano i capelli e le narici.per loro, per la gente della Notte, tutto ha un odore, persino il rumore ha un odore.ma in quel caso,è insostenibile....e lei continuava a muoversi irrequieta sul muretto in cui si era seduta. alzava a turno le cosce, prima l’una e poi l’altra, con la differenza temporale di un nanosecondo.il marmetto ruvido del muro le irritava la pelle sotto i vestiti.e poi era caldo, molto caldo, in un modo che non avrebbe mai pensato.già così caldo anche lì, nel Quadrato di Mezzo, dove non era nè Notte nè Giorno. dove ancora non si era capito che momento della giornata fosse, e per questo la gente di entrambi i luoghi continuava a litigare.non si riusciva a stabilire se si trattasse di alba o tramonto.se lì a morire fosse il sole, o il buio.e lei comunque non avrebbe mai immaginato che potesse essere già così tanto caldo, e illuminato. ma infondo le piaceva il senso d’incertezza che era ammollo nell’aria.pensava che le cose non definite avessero la possibilità un giorno di essere tutto, mentre le altre, quelle sicure, per quanto le si possa amare, rimanessero in fin dei conti statiche senza lasciare vie di uscita.eppure ben pochi avevano scelto di rimanervi, lì, nel Quadrato di Mezzo.era la possibilità che, tra le tante cose, quello scegliesse il niente. era questa cosa qui che li spaventava.lei, Pulce, viveva con ai piedi del letto una lampada blu che di continuo faceva scivolare la sua luce viscosa verso i quattro angoli della camera.tutto il suo mondo sembrava una miniatura in pixel di un abisso marino...un abisso strano,dalle acque di velluto sottile e le pareti solide di plastica dura. quasi vivesse in un acquario incastrato nello schermo di un computer.e quando qualcuno le chiedeva che fine avesse fatto il giallo in tutto quello, lei rispondeva che non avrebbe mai voluto saperne nulla. mai.era ridicolo sceglere la Notte, e poi trovare ogni minimo palliativo per mettersi al riparo dal buio.e infatti accadeva, ogni giorno, ogni mattina, quando l’alba ti entra addosso dalle serrature, ogni giorno, lei si ricopriva le palpebre col lenzuolo, lasciava filtrare un quarto di quella luce seppiata perchè di più non poteva, perchè di più sarebbe stato troppo per due occhi abituati a ricavare i colori dal nero, si ricopriva le palpebre, sbirciava il riflesso di quella luce aritificiale, ed ogni tanto si chiedeva com’era. ma se lo chiedeva solo, perchè infondo quel riflesso le bastava. tutto il resto...tutto il resto non l’avrebbe mai immaginato....
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