punto sul rosso

Se tra le tue gambe.


Se tra le tue gambe si aprisse una fica, io saprei cosa fare; se tra le tue gambe si aprisse una fica, io potrei anche morire, con la bocca caduta nella tua fica, a inghiottire umori a leccare sapori, con la lingua perduta nella tua fica, voragine filamentosa e calda, voragine improvvisa tra le tue gambe spaccate e magre, e le tue cosce sode tese pelose. Peli morbidi e soffici, peli di uomo, di uomo delicato che sei, tu e le tue cosce tese, e soffici, che si spalancano lente e in mezzo hanno un risucchio, un risucchio di carne molle e bagnata, bagnata da un mare profondo e scuro un mare spumoso con al centro un vortice. Se tra le tue gambe di uomo che sei, si aprisse una fica, io saprei come fare. Ti farei ricordare di quand’eri donna, quella donna che eri e che sei: aperta e liquida, con la fica protesa e i pugni stretti, stretti su di me, da donna a donna, da donna che mi fa sua e mi possiede, da uomo che si ricorda e si allarga e si allaga, con quella sua fica piantata al centro delle gambe con quella sua fica conficcatagli nel pube dalla notte. Questa notte che ti schiude le labbra queste labbra insalivate e sfatte da troppo desiderare, ora, ora che l’oblio s’è ritirato e il ricordo s’è piantato lì tra le tue gambe, e ti è colato a fondo sempre più a fondo, dentro questa meraviglia di fica che hai che sei che ansima ed esala un lamento, un lamento di uomo, di uomo che sei, con le tue cosce sode e i peli soffici e i fianchi morbidi, ma stretti, perché tu sei uomo ed io non posso ingravidarti ma leccarti leccarti sì e inzuppare la mia lingua nella tua fica notturna e delicata, nella tua fica di uomo che si apre solo per me. Solo per te, e nell’aria scura risuona il tuo lamento come canto, e promessa, e turbamento del creato. E così io ti genero, con la faccia sprofondata nel tuo ventre allagato, e così tu mi generi, con la tua fica di uomo che mi divora.