punto sul rosso

Non cado.


Spalanco gli occhi, le ciglia unte i capelli bagnati appiccicati alle guance alla fronte al collo, dalla nuca colano rivoli di sudore alcuni degradano sui fianchi e puntano l’ombelico altri cavalcano le vertebre incolonnate fino a perdersi tra le natiche. Spalanco gli occhi e tutto si fa bianco mi acceca e sento come un risucchio che parte dallo stomaco, un risucchio che mi scompone articolazione dopo articolazione, che si prende un pezzo per volta, che vuole ingoiarsi lingua e palato.Spalanco gli occhi e mi sembra di cadere, ma non cado, un pene mi trattiene dal cadere, un pene che mi riempie la fica e mi riscalda la pancia. È fermo immobile, sento il suo respiro premere sulle mie pareti interne: è un’eco interiore, è un respiro di spugna un respiro di mille bocche di mille ventose attaccate alle pareti interne della mia fica, è un respiro nell’utero, è un utero-corpo e un corpo riempito sondato sfinito.Spalanco gli occhi, e sono due pozze d’acqua azzurrina, e sono gelatina; spalanco gli occhi come si spalanca un sogno, un sogno incastrato nel petto; è un sogno tutto rattrappito è un sogno tutto incurvato, che avevo quasi dimenticato.Spalanco gli occhi e la fica mi cola, e colo tutta, e mi sciolgo in una pozza di ventre e gelatina: il colare mi fa ricordare, di un sogno, ora tutto inzuppato.Ma il ricordo è un filamento vischioso, un filamento che non si spezza, te lo avvolgi attorno a un dito, un dito come fuso, e lo fili ad infinito, perché il ricordo è una lunga scia di bava che non si spezza, è un fluire continuo e silente, e non lo interrompi, e la bava si allunga, e le dita non bastano a filare tutta la bava che c’è. E non basta una lingua, per leccare tutta la bava che c’è: una volta glielo dissi, toccandogli amorevolmente la fronte, ma lui non ci credeva, e leccava leccava, leccava per pulirmi tutta, per ripulirmi dai ricordi custoditi tra le mie gambe: voglio togliere le tracce – lui bisbigliava.Ma il ricordo è un filamento insidioso, e può legarsi alla tua lingua e filarsi attorno alla tua lingua, fino a farti soffocare – premurosa, io lo ammonivo. Ma lui non mi ascoltava, perché lui non mi sentiva.Spalanco gli occhi, e sono in preda ad un sogno, che mi bagna le guance che mi calma la pelle, un sogno di quand’ero bambina, con le gambe spalancate a succhiare l’aria, con le mani spalancate ad accogliere il mondo, e mi sembrava d’essere dio, così tutta spalancata, e mi sembrava d’esser madre, la madre di mia madre, e dei lombrichi, e la testa mi doleva quando vedevo d’esser due e sapevo d’esser due, e la testa mia impazziva quando ricordavo d’esser due.Ma era un ricordo tutto mio: mia madre non capiva non capiva, ed io immobile giravo giravo, e mi sembrava di cadere.Spalanco gli occhi, e sono tutta bagnata, i capelli la pancia la fronte, e la fica: la mia fica che pulsa e che mi mette in bocca un’eco; spalanco gli occhi, e mi sembra di cadere; ma no, non cado: infilata ad un pene non cado.