punto sul rosso

Giallo paglierino


Ricordo di essermi cambiata. Di aver infilato i pantaloni di una tuta ma non le mutande, e di essere tornata a letto. Ricordo del bagnato. Ma forse l’ho solo sognato.Questa mattina, per capire se era vero oppure no, ho messo le mani nel cesto della biancheria da lavare e ho annusato gli indumenti della sera prima: urina.Era vero. Ma non provo vergogna, forse solo un po’di preoccupazione. Che i muscoli della vescica si fossero indeboliti già lo sospettavo. I miei muscoli vanno rafforzati, non c’è dubbio: tutti. Ma non può essere solo fisiologia, la mia, perché  la mia è una fisiologia asservita, una fisiologia sotto lo scacco perenne della mente.E la mente, questa notte, mi ha tirato uno scherzo di pessimo odore. Allora via le lenzuola via le coperte, via tutto. È tutto da lavare, è tutto da rifare. Come me, dalla testa ai piedi; passando per cuore utero e sfintere. Sono tutta da rifare, sì, ma non ora, ora devo andare. Sembra di avere così tanto tempo e poi, invece, alla fine, uno deve dire: devo andare, non posso restare, non posso finire, non posso continuare.E non c’è tempo nemmeno per la vergogna: la vergogna, a guardar bene, è un fatto più da bambini che da adulti, perché è da piccoli che la si apprende, con sforzo e pervicacia, è da piccoli che la si applica, con convinzione e tenacia: vergogna più vergogna, quella del dolo e quella del mancato apprendimento.Da adulti no; da adulti la vergogna, ormai interiorizzata, va finalmente esorcizzata, come atto di liberazione e di autodeterminazione. Dell’adulto, sì. Ma non per consapevolezza; quasi sempre  per mancanza di tempo. La chiave della vita adulta è tutta lì, dopo tutto.E se questa notte non mi sono alzata, e non ho fatto i passi dovuti, quelli dalla mia camera al bagno, è stato semplicemente per mancanza. Di tempo, certo. Di tempo.