punto sul rosso

Paga chi non entra


Le tele del passato è bene lasciarle avvolte in fondo ad un cassetto. La loro bellezza non è assoluta né può essere universale. Il corniciaio sotto casa tuttavia mi sta aspettando. Presidia il suo negozio con mansueta ostinazione, le natiche accomodate su un cuscino di paglia. Quando non c’è vuole esserci comunque allora lascia un biglietto sulla porta con numero di telefono o indirizzo. Lo lascia per non darmi alibi. Perché io non possa più giustificarmi: era chiuso!Fa un gioco sporco, il corniciaio, gioca con le mie debolezze, con la mia debolezza. Non mi stupirebbe scoprire che tiene il negozio aperto solo per me, tanto per farmi dispetto, così: per beffa e provocazione.È capace di tutto, il corniciaio sotto casa, e non si fa fregare quando mi vede indugiare davanti alla sua vetrina attirata dalle foto degli anni 80 quando le modelle erano insondabili, divine nel loro mutismo.No, non si fa fregare, lui: si sventaglia con noncuranza, e manco guarda. L’arte dell’aspettare è nel saper guardare altrove, senza calcolo e senza finzione; e lui lo sa.Sa che non esistono le bugie a fin di bene, bugie del tipo era chiuso!E scuote la testa quando pensa a tutti quei cassetti, aperti giusto il tempo di riporre un’altra tela arrotolata e subito richiusi. Per questo tiene il suo negozio sempre aperto, la sua calma ostinata accomodata su un cuscino di paglia; per questo mette un biglietto sulla porta e guarda altrove, padrone dell’attesa servitore di sincerità: nell’istante, il tempo è dilatato elastico; nel tempo, gli istanti si calcificano, si fanno spessi e duri fino all’immobilismo.Non espone prezzi, lui. Il prezzo è di chi passa e tira dritto, accelerando fino al semaforo e correndo sull’arancione, in tempo per guadagnare l’altro lato della strada, in tempo per guadagnare un posto. Sotto una pensilina. Da cui guardare il punto esatto da cui l’autobus spunterà. Sguardo fisso su spiccioli minuti spessi come calcificazioni.