punto sul rosso

La lavandara


C’è una stesa di calzini in attesa di fare il paio, prima c’era un mucchio di calzini attorcigliati, corti lunghi a righe lisci di lana di cotone sintetici neri blu grigi marroni; c’era questo groviglio ai piedi del letto e io non mi decidevo a fare il paio, la sola idea di fare il paio mi abbatteva lo sguardo e chiudeva la gola. Nella semioscurità ne ho presi due, e combaciavano; poi altri due, e combaciavano pure quelli, così misurando e tastando ho messo insieme tutte le paia possibili dentro al mucchio.Ora ne restano in fila sette, non appaiabili, lo affermo con certezza assoluta. Dalla cucina arriva odore di riso in cottura, un profumo tostato si spande lentamente nella camera da letto. Il riso cuoce da solo, apprezzo questa sua autonomia; il mio riso cuoce a lungo, a suo agio nel bollore, non mi mette fretta, lascia che io vada dietro alle mie cose, che sono un po’come dei bambini che si sono appena messi in piedi: scappano ovunque senza sapere bene dove e perché, senza badare ai dislivelli ai finti appoggi e agli effetti molla, sì, le mie cose si mettono a correre impavide e incoscienti, ed io dietro. Qualche volta lascio che vadano da sole, non per finalità pedagogiche ma per mollezza: faccio finta che non siano mai nate: è brutale, lo so. Ma è brutale per me, non per loro. Non per un banale senso di colpa, piuttosto per senso di inferiorità: sono inferiore alle mie cose. Sì, loro mi superano. Loro sono intelligenti, io no; loro hanno un piano, io no; hanno equilibrio consapevolezza e pazienza, io no. Sembravano impavide e incoscienti, e invece no. Loro hanno un ordine lineare, io no. Io passo da un loop a un altro: è possibile? Sì, perché è il loop ad abbandonare me, non viceversa. Dopo un po’, l’universo si sfianca, la fisica molla la presa, ci sono effetti senza causa e cause che producono altre cause: la teoria delle catastrofi mi lancia languide occhiate. Ma non c’è da cederle né da resisterle. Ci sono le mie cose a cui star dietro, davanti mai, lo dicevo, sono insuperabili. Prevenirle non si può preordinarle nemmeno. Non sono nemmeno più in alto di loro, quel tanto che mi basterebbe almeno a prevederle. Che poi già il vedere mi appagherebbe, sarebbe un segno di minor ingenuità o imbecillità da parte mia. Ma l’età passa e mi scortica, prosciuga le mie riserve, mi desertifica per poi beffarmi con qualche allucinazione visiva. Le diottrie lentamente mi abbandonano, e allora non mi resta che annusare l’aria per andar dietro alle mie cose. L’odore del riso mi dice a che punto è la cottura, e l’odore della lavanda quanto tempo è passato dall’ultima volta.